Papa Francesco e la parola (in romanesco) che non ti aspetti

Papa Francesco
di Pietro Piovani
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Lunedì 16 Dicembre 2019, 00:46 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 17:24
In una delle sue ultime apparizioni pubbliche il papa polacco Wojtyla dimostrò di aver assimilato un po’ di romanesco cimentandosi con le frasi «damose da fa’» e «volemose bene». A pensarci bene, dopo 26 anni di residenza capitolina, non fu poi questo gran che come esibizione di padronanza dell'idioma locale, ma il gesto fu comunque molto apprezzato dai concittadini acquisiti. È passata invece del tutto inosservata una recente uscita dell’argentino Bergoglio che nei giorni scorsi, forse senza neanche accorgersene, parlando a braccio in una delle sue messe mattutine a Casa Santa Marta, si è fatto scappare un’espressione che più romana non si può: «La vita cristiana non si rafforza con una romanella».

Ha detto così: «romanella», una parola che neanche nelle conversazioni tra romani di nascita ricorre tanto di frequente. Secondo il Dizionario Romanesco di Fernando Ravaro (una delle rare opere lessicografiche dedicate al dialetto della Capitale) “romanella” è il piatto di pasta avanzata che si ripassa in padella per riscaldarla e restituirle un po’ di gusto. Ma con il tempo, nel romanesco contemporaneo, la parola è passata a indicare metaforicamente un lavoro sbrigativo e superficiale fatto per rimettere a posto o ridare un lustro apparente a cose abbastanza malmesse. Dunque un termine che, in questo significato, non è mai stato registrato nei libri, ma che percorre la città sottotraccia, passa di bocca in bocca, e che il pontefice ha evidentemente captato. Come un vero romano.

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