Muti, Gergiev, ma anche Capossela e i 100 Cellos ospiti del Ravenna Festival

Il Maestro Riccardo Muti
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Sabato 14 Dicembre 2019, 20:37
Sulla 31/a edizione di Ravenna Festival (3 giugno-17 luglio 2020) splende un cielo dal «dolce color d'oriental zaffiro»: quello che Dante descrive nel Purgatorio (I, 13) e che forse aveva ammirato nei mosaici di Galla Placidia. Questa immagine luminosa ha il proprio lato oscuro in un Oriente non più da favola, ricordato nel concerto Le vie dell'Amicizia diretto da Riccardo Muti Per la Siria, ma anche nelle minacce al nostro paradiso terrestre, ritratto nell'inno ambientalista di Koyaanisqatsi.

Se il capolavoro di Philip Glass apre il Festival, la conclusione è affidata alla Fura dels Baus con i Carmina Burana in esclusiva italiana e al gala omaggio ad Alicia Alonso. Nel firmamento danza anche il debutto del Don Juan di Johan Inger, il Balletto delle Fiandre e la Hofesh Shechter Company. Salgono sul podio, oltre a Muti, Ivan Fischer e Valery Gergiev. E ancora, Vinicio Capossela, Stefano Bollani, Neri Marcorè e i 100 Cellos, mentre Sant'Apollinare Nuovo ospita Theatre of Voices di Paul Hillier.

Il sindaco di Ravenna Michele de Pascale ha offerto a Cristina Mazzavillani Muti la presidenza onoraria di Ravenna Festival, in occasione della presentazione della 31/a edizione, «a coronamento di 30 anni di straordinario lavoro» e nella certezza che «la grandezza di chi ha saputo  costruire la storia culturale di Ravenna sta non solo in quanto ha fatto, ma in quanto ha preparato per il futuro».

«Rimarrò vigile e innamorata - ha risposto Cristina Muti, nell'accettare la presidenza onoraria - in fondo non si può sostituire una mamma e continuerò a promuovere il Festival. Resterò sempre la prima sostenitrice».

Nei giorni scorsi la stampa cittadina aveva riferito di una lettera ai dipendenti con la quale Cristina Muti spiegava di lasciare la presidenza di Ravenna Festival dopo anni di lavoro «meraviglioso».
Una notizia che «ci ha colto di sorpresa», le aveva scritto a stretto giro il sindaco dicendosi preoccupato «per il percorso futuro del Festival e più in generale dell'offerta culturale di Ravenna».
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