Il dispositivo, lanciato in via sperimentale da Milano, è ora un modello che sarà applicato nelle altre questure d’Italia. Nel corso dei quasi due anni in cui il protocollo è stato applicato, sono stati 210 i soggetti ammoniti dal questore e poi esortati a intraprendere il percorso al Cipm. Di questi, l’80% si è presentato ai colloqui con psicologi, psicoterapeuti e criminologi clinici e ha avviato un percorso di recupero. Si tratta di un risultato positivo, se si considera che l’invito a prendere parte ai colloqui, non espressamente previsto da una norma di legge, è strettamente correlato all’efficace notifica dell’ammonimento del questore da parte della divisione anticrimine. La mancata presentazione dell’ammonito ai colloqui sarà presa in considerazione per le valutazioni in tema di pericolosità sociale proprie dell’autorità di pubblica sicurezza e per l’eventuale emissione di una misura di prevenzione a suo carico.
BASSA RECIDIVA
«Un’ulteriore indicazione dell’efficacia del protocollo è data dal bassissimo valore di recidive riscontrato: solamente dodici degli ammoniti (pari al 6,7% del totale) hanno reiterato - spiega Alessandra Simone, dirigente dell’anticrimine - Nel 2019 inoltre la quota di ammoniti avviati al protocollo è salita all’85% (119 persone), di cui solo sei in recidiva».
Per loro, a seconda delle situazioni è scattato l’arresto in flagranza, oppure a seguito della denuncia della vittima è stata disposta una misura cautelare dall’autorità Giudiziaria, quali ad esempio il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, gli arresti domiciliari o, nei casi più gravi, la custodia cautelare in carcere.
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