Ha perso le gambe dopo un incidente, Tiziano Monti asso dello sport: «Tornato a vivere grazie ad Alex Zanardi»

Tiziano Monti ed ALex Zanardi
di Luca Telli
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Venerdì 13 Dicembre 2019, 19:15 - Ultimo aggiornamento: 14 Dicembre, 15:28
«Di notte ho dei flash. Non so se sono sogni o ricordi che tornano galla. Vedo il sangue sull’airbag e sento una voce che chiede aiuto. Poi mi sveglio e non ho paura. Mi dico che sono fortunato a essere vivo anche se la gambe non ci sono più».
Tiziano Monti, nato e cresciuto a Tarquinia, ha i capelli corti, le spalle larghe e la voce solida. Aggrappa i suoi 31 anni a due stampelle che lo aiutano ad alzarsi, a cambiare prospettiva dalla sedia a rotelle. L’otto ottobre di un anno fa, un incidente sulla A12 mentre viaggiava in direzione di Santa Marinella, ha rischiato di troncargli la vita. Un tuffo in un mare di pece, tenuto a galla da un filo sottilissimo. Quando arriva al Gemelli ha meno di un litro di sangue in corpo: i medici non lo dicono per non spezzare il cuore di mamma Dina e del fratello minore Stefano, ma in situazioni del genere la possibilità di sopravvivenza è di una a cento.
Si guarda indietro Tiziano, ci ripensa e continua: «Quel guardrail si è preso la parte inferiore del mio corpo, ma ho imparato a guardare quello che ho e non ciò che mi manca». Grazie anche allo sport e a Alex Zanardi che l’ha voluto nel suo team Obiettivo3, satellite della Animil Sport di Pierino Dainese, alla corte del quale andrà domenica nella giornata che chiude l’anno sportivo. 14 mesi fa sembrava follia. E invece «Eccomi qua».
Di quel giorno che cosa ricordi?
«Poco o niente. La macchina che sbanda dopo un sorpasso e poi il buio. Otto giorni di coma, tanti tubi attaccati. Mi sforzavo di parlare ma riuscivo solo ad ascoltare. La prima cosa che mi sono sentito dire è stata: ‘Tiziano, non hai più le gambe’».
E tu?
«Ero confuso, pieno di dolori e sotto morfina. Ho pensato alla mia famiglia e quanta paura avessero avuto. Ho guardato i dottori e ho risposto: ‘Grazie per avermi salvato la vita, adesso ditemi cosa devo fare’. Loro, gli infermieri e i fisioterapisti sono le persone che non smetterò mai di ringraziare».
70 giorni di degenza, un inferno di sofferenza. Hai pensato mai di mollare?
«Sì, ogni tanto è successo. Da 90 kg ero arrivato a pesarne 48. Sono passato in dialisi, vivevo sotto il rischio di embolia polmonare e di infezioni. Ho pensato: ‘Perché a me’. Ma poi mi sono reso conto che la domanda era sbagliata, quella giusta era: ‘Perché non a me’».
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«L’uscita dall’ospedale, nascere di nuovo. Respirare l’aria senza che fosse passata attraverso dei tubi. La prima cosa che ho fatto è stata andare al mare a fare un aperitivo. Gli amici, come i colleghi di lavoro della Elitalia e la famiglia Giulivi (proprietari della Elitalia ndr) sono stati fondamentali. Uno si è fatto 800km per venirmi a trovare».
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«Quando sono arrivato, i medici erano scettici. Uno di loro si è avvicinato e mi ha detto: ‘Vuoi tornare a camminare?’. Ho abbassato il mento verso il petto e lui ha aggiunto: ‘Vedrai che ce la faremo’. Sono entrato il 12 maggio, il 16 mi sono alzato di nuovo in piedi».
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«Più o meno, ho avuto le vertigini. Ho apprezzato ogni secondo. Sono rimasto a Budrio per altre 8 settimane. Facevo dalla cinque alle sei ore di riabilitazione al giorno. Poi è successo qualcosa che ha cambiato ancora le carte in tavola».
L’incontro con Alex Zanardi?
«Stavo per rientrare in camera, per caso sono andato a far sistemare le ruote della carrozzina. Si è aperto l’ascensore e mi sono trovato davanti Alex. Gli chiedo una foto, mi guarda e mi dice: ‘Con questo fisico perché non vieni a correre con me?’. Sono stato sempre uno sportivo, mesi prima Mario Valentini, commissario tecnico del ciclismo paraolimpico mi aveva fatto visita in ospedale. Ho compilato i moduli e la sera stessa sono entrato nella sua squadra. Mi hanno dato una bici e da lì ho iniziato a allenarmi».
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«Avevo i battiti a 180. Tremavo dall’emozione. C’è stata poi Assisi e in mezzo l’incontro con l’associazione SuperAbile di Alfredo Boldorini che mi ha aiutato a mettere un altro tassello nella mia personale battaglia. Purtroppo, un piccolo problema al braccio mi sta impedendo di allenarmi in questo momento, conto di essere pronto per qualche tappa del prossimo Giro».
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E nello sport?
«Le Olimpiadi di Tokyo sono troppo vicine. Ma ho messo Parigi 2024 nel mirino. La gara più bella la devo ancora correre ma c’è una che è già nel mio cuore. Ho gareggiato nella dieci km di Tarquinia. Un anno esatto dopo l’incidente. È stata un’incredibile coincidenza. Ho respirato profondamente. Ho pianto dentro di me, stavolta di gioia».
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