Le orecchiette baresi “fatte in casa" finiscono in prima pagina sul NYT: «Il crimine della pasta»

Le orecchiette baresi “fatte in casa" finiscono in prima pagina sul NYT: «Il crimine della pasta»
di Francesco Padoa
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Mercoledì 11 Dicembre 2019, 17:04 - Ultimo aggiornamento: 18:53

Diventa un caso internazionale e finisce sulla prima pagina del New York Times la “guerra delle orecchiette", come è stata ribattezzata la disputa sulle tradizionali orecchiette baresi, fatte a mano con pollici e coltelli dalle donne di Bari Vecchia. «In Italia, il crimine della pasta», è il titolo del reportage firmato da Jason Horowitz che parla della norme amministrative che rischiano di uccidere la tradizione centenaria delle pastaie dell'Arco Basso che sono da tempo un'attrazione per i turisti perché lavorano per le viuzze del Borgo antico dove espongono telai e tavolieri con la pasta fresca.

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La "guerra" riguarda la vendita delle orecchiette che avviene da sempre senza scontrino, senza indicare gli ingredienti e senza che la merce sia tracciabile. Un ristoratore che aveva acquistato le orecchiette è stato infatti multato durante un controllo e questo ha scatenato la protesta delle pastaie. Il reportage del NYT ironizza sul crimine della pasta. E gli americani, costretti a fare i conti con finti ristoranti italiani gestiti da cinesi e messicani, dimostrano di apprezzare un prodotto (c’è un mercato da invadere) che non avrà i crismi della trasparenza ma che è un patrimonio da salvare come la pizza napoletana riconosciuta dall’Unesco. 



Il lungo reportage a frima di Jason Horowitz parla della norme amministrative che rischiano di uccidere la tradizione centenaria delle pastaie pugliesi che sono da tempo un’attrazione per i turisti perché lavorano per le viuzze del Borgo antico dove espongono telai e tavolieri con la pasta fresca. Tanto che, oltre a esser state inserite nella top ten delle migliori destinazioni d’Europa da Lonley Planet, sono state scelte anche da Dolce & Gabbana come scenario per alcuni suoi spot pubblicitari con le figlie di Sylvester Stallone che giocavano con quelle piccole creazioni di pasta fra le mani. Non solo, anche Versace ha scoperto come vincente l’accoppiata modelle-orecchiette.

Si legge sul NYT:
«Queste donne lavorano molte ore al giorno, anche 15, tutti i giorni della settimana per mantenere mariti e figli disoccupati», racconta al giornale americano Francesco Amoruso, 76 anni, la cui madre, una delle pastaie più conosciute è morta nel 2018 all’età di 99 anni. «E questo è quello su cui si accaniscono duramente?». Sì, perché quel «fatto in casa» che è sempre stato considerato un valore aggiunto, ora è diventato invece un difetto, che fa delle orecchiette "home made" un prodotto pericoloso, senza controlli, senza certificati igienico-sanitari e, sopratutto, senza controlli fiscali, aspetto finito nel mirino della Guardia di finanza.

Scrive ancora il giornalista del New York Times:
«Fino a una ventina di anni fa Bari vecchia era nota come la "città delle rapine", governata da clan criminali. La tradizione del furto qui ha radici lontane. Nel 1087 i marinai baresi in cerca di un’attrazione rubarono dall’attuale Turchia le ossa di san Nicola, oggi uno dei patroni di Bari (e patrono, fra le altre cose, dei ladri). Prima della pasta, molte donne anziane della città vendevano sigarette di contrabbando dal Montenegro», conclude Horowitz.

Dunque anche il NYT è sceso in campo per difendere la tradizione delle orecchiette realizzate da magiche mani in quei quei vicoli un tempo malfamati, un tradizione che, diventata un’attrazione capace di richiamare valanghe di turisti, ora verrebbe ostacolata dalla burocrazia.

Forse un compromesso ci sarebbe, e magari sarebbe il caso di attuarlo al più presto, perché l'Italia non veda minacciata un'altra volta delle sue tradizionali e apprezzatissime tradizioni gastronomiche.

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