Libia, Erdogan: «La Turchia manderà truppe se richieste dal governo di Tripoli, c'è il rischio di un'altra Siria»

Libia, Erdogan: «La Turchia manderà truppe se richieste dal governo di Tripoli, c'è il rischio di un'altra Siria»
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Martedì 10 Dicembre 2019, 18:30 - Ultimo aggiornamento: 21:20

«Se la Libia ce lo chiedesse, saremmo pronti a mandare» tutte le truppe «necessarie». Dopo l'intervento in Siria contro le milizie curde, Recep Tayyip Erdogan minaccia di gettarsi nella mischia del conflitto libico. «Dopo la firma dell'accordo di sicurezza» con il governo di Tripoli guidato da Fayez al-Sarraj, «non ci sono più ostacoli», ha avvertito il presidente turco, aprendo un nuovo fronte che rischia di metterlo in rotta di collisione anche con «l'amico» Vladimir Putin. «C'è una compagnia di sicurezza russa chiamata Wagner. Questa compagnia ha mandato il suo staff» in Libia a sostegno del generale Khalifa Haftar, ha accusato Erdogan, riferendosi alle notizie di circa 200 mercenari giunti nell'area, smentite da Mosca. I due leader ne parleranno in una telefonata nei prossimi giorni. Un possibile intervento turco rischia di accrescere le tensioni in Libia, dove da mesi proseguono gli scontri tra le forze fedeli a Tripoli e il sedicente Esercito nazionale libico (Lna) del generale Haftar, sostenuto soprattutto da Emirati Arabi Uniti, Egitto e Russia. Anche l'Italia segue da vicino la situazione e monitora gli sviluppi. Un nuovo vertice si è tenuto oggi a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e i ministri degli Esteri Luigi di Maio, della Difesa Lorenzo Guerini e dell'Interno Luciana Lamorgese. Una riunione in cui appare scontato si sia parlato anche delle parole di Erdogan

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Ma che è stata l'occasione per tirare le fila e discutere degli aggiornamenti sul terreno con i continui scontri tra le forze del generale Haftar e i filo-Sarraj a Tripoli. E sul giro di tavolo che il governo ha fatto durate i Med Dialogues di Roma con i principali attori della crisi libica. Anche alla luce dell'allarme lanciato dall'inviato Onu Ghassan Salamè sulle «profonde divisioni internazionali» e «il livello di interferenze esterne» che ostacolano il processo di pace in Libia rischiando di innescare un'ondata di migranti. Al centro della riunione, secondo quanto si è appreso, anche la delicata situazione nel Golfo Persico. Sul fronte turco, all'origine dell'ultima mossa di Erdogan c'è il controverso memorandum d'intesa sulla demarcazione dei confini marittimi siglato il 27 novembre scorso a Istanbul con il premier del Governo di accordo nazionale libico (Gna) Sarraj, che apre la strada anche a possibili «esplorazioni congiunte» alla ricerca di idrocarburi offshore.

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Un'intesa denunciata come una «minaccia per la stabilità regionale» da Atene, che oggi ha chiesto l'intervento delle Nazioni Unite. Contro le nuove frontiere marittime concordate da Ankara e Tripoli sono schierati anche l'Italia, Cipro - che vede minacciata la sua zona economica esclusiva in cui avvengono le perforazioni di diverse compagnie straniere, tra cui l'Eni - e l'Egitto. E nello scontro è intervenuta anche l'Ue. «Siamo dalla vostra parte - ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen - l'azione della Turchia nell'Egeo è inaccettabile, invieremo un chiaro messaggio». Intanto, proprio sul fronte caldo di Cipro è giunta per un'operazione di pattugliamento nel Mediterraneo orientale la fregata Federico Martinengo della Marina Militare, che ha fatto scalo nel porto di Larnaca nell'ambito delle attività di diplomazia navale e da giovedì sarà impegnata in attività di addestramento con navi di Paesi amici.

 

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