Dall’Emilia Romagna alla Calabria, ecco il sudoku spacca-partiti

Dall’Emilia Romagna alla Calabria, ecco il sudoku spacca-partiti
di Mario Ajello
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Lunedì 9 Dicembre 2019, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 10:50

Regionali spacca tutto. E non c’è pace dentro le coalizioni e dentro i partiti per la scelta dei nomi con cui aggiudicarsi, per cominciare, la Calabria e l’Emilia Romagna. Il caso calabrese è il più gustoso. Il candidato 5 stelle è Francesco Aiello, ma sembra lui stesso incerto su fatto se lo sia davvero. Non solo perché sui poster che annunciano l’arrivo a Catanzaro di Di Maio per lanciare l’aspirante governatore stellato non c’è il nome (appuntamento il 13 dicembre) di Aiello. Forse perché non sarà lui, anche se per ora parrebbe lui ma lui stesso dice (ma poi non dice) che si potrebbe convergere sul candidato dem e civico Pippo Callipo che prima era vicino ai 5 stelle e poi sostenne una candidata di Fratelli d’Italia ma ora ha le insegne di Zingaretti e insieme si fanno immortalare nell’industria di tonno dell’imprenditore calabrese. E quella parte dei 5 stelle che dice «Aiello non ci rappresenta» e lo dice la senatrice Danila Nesci perché lei vorrebbe essere la candidata ma il candidato finché regge pare sia quell’altro? La Magna Grecia in caricatura eccola qua. 

Ma salendo verso la Campania (poi riscenderemo in Calabria, versante centrodestra) troviamo candidato del centrodestra (dieci punti in più sul centrosinistra di De Luca secondo i sondaggi ma don Vicienz’ assicura: «Sono taroccati!») il buon Stefano Caldoro. Ma davvero il candidato a primavera sarà lui? «Ma certo», assicura Berlusconi. Ne sono meno convinti i cosiddetti carfagnei, che ancora puntano su Mara e comunque non vogliono che sia Salvini a mettere bocca sui candidati in Campania e immaginano proprio a partire da questa regione un modello di centrodestra senza una schiacciante ipoteca leghista. E chissà come andrà a finire, anche se qualcuno, al netto della stima per il personaggio che è ampiamente condivisa, dice di saperlo: «Caldoro è entrato papa in conclave e ne uscirà cardinale». 

Clemente Mastella, per evitare che la situazione si complichi ed esploda, prone di fare le primarie per la scelta del candidato. Ma si sa: le primarie fanno venire l’orticaria a zio Silvio. Il quale ha appena festeggiato con Salvini e Meloni l’accordo sulla spartizione dei candidati presidenti (la Campania tocca a lui) ma non bastano accordi formali perché ci siano accordi reali. E in questi casi, tra l’altro, i disaccordi oltre che tra alleati sono tra diverse fazioni dei partiti. Come mai non si apre su Rousseau la consultazione per scegliere l’aspirante governatore emiliano M5S? Perché le divisioni, cannibalesche, sono ancora troppo aspre nel movimento, e chiunque vinca certamente avrà una parte degli stellati che rifiuterà di accettarlo. Anche su questo si fonda la speranza di Bonaccini. Quella del voto disgiunto: «Dico agli amici elettori 5 stelle di pensarci bene, fermiamo insieme la Lega». Questo il suo appello. 

Potrebbe fare breccia tra i grillini, molti dei quali convinti che arrivare terzi è inutile e che Di Maio abbia sbagliato a scegliere l’isolamento. E potrebbe fare breccia anche tra i leghisti, perché la candidata salvinista Borgonzoni non piace granché - lei più debole delle sue liste, secondo i sondaggi e nel confronto personale Bonaccini ancora è in vantaggio - e perché c’è un precedente illuminante. Nel giorno del voto alle Europee, negli paesi emiliano-romagnoli in cui si votava anche per il sindaco è accaduto quasi ovunque così: gli stessi che hanno messo la croce sul simbolo della Lega per Bruxelles, hanno messo la X sui candidati del Pd alle amministrative. Si vedrà. 

Intanto lo spasso, o la tragedia, calabrese funziona così. La candidatura per il centrodestra, assegnata a Berlusconi, è andata a Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza. Anzi, no. Ha problemi giudiziari non lievi, e questo è un problema per Salvini e Meloni. Per non dire di Forza Italia che in parte non lo vuole e lui s’indigna: «Una manovra di Palazzo contro di me». Potrebbe correre da solo, contro il suo partito e sta raccogliendo le firme necessarie alla lista (un po’ la stessa situazione di Mario Oliverio: presidente uscente ripudiato dal Pd e in corsa contro il Pd). 

E allora? E’ partita la ricerca di un altro nome ed è approdata, ma anche no, a quello di Iole Santelli, parlamentare di lungo corso. Ha avuto il placet da Villa Maria, residenza di Francesca Pascale che è sua buona amica, e questo non è poco. Ma gli alleati non sono convintissimi. I fratelli Occhiuto (Roberto è l’altro, deputato influente) la chiamano «la traditrice». E il problema è che entro giovedì un candidato va trovato: ma chi sarà? Una parte dei forzisti punta su Caterina Chiaravalloti (la figlia dell’ex presidente regionale) o sul sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, su cui Antonio Gentile - che resta un pezzo grosso della politica calabrese - e tutto il gruppo dei berlusconiani storici puntano assai contando anche sui loro buoni rapporti con Salvini. E lui come loro dicono: «L’ideale sarebbe candidare un uomo o una donna della società civile, non per forza di Forza Italia che, divisa, porta alla sconfitta sicura». Magari uno dell’Altra Italia, la creatura continuamente immaginata da Berlusconi per superare lo steccato ormai minimo del suo partito? Ad avercelo un candidato così, e il Cavaliere lo sta cercando anche facendo casting. 

Arrivano ad Arcore, per essere visionati, i possibili vincenti ma quello che dovrà vincere, o almeno partecipare, ancora non si è individuato. E il problema si sta ingrossando perché se davvero M5S, pur avendo già scelto il suo candidato, si sposterà verso Callipo, la somma di grillini più dem può strappare al centrodestra una regione che Salvini e gli altri avrebbero in pugno evitando i pasticci che si stanno auto-procurando. Nella doppia partita, emiliano-calabrese del 26 gennaio può insomma accadere di tutto. 
 

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