Roma sott’acqua per l’incuria, pulito solo un tombino su 30

Roma sott’acqua per l’incuria, pulito solo un tombino su 30
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 4 Dicembre 2019, 00:36 - Ultimo aggiornamento: 15:46

Era il 2014 e gli stellati romani, dai banchi dall’opposizione, promettevano un’«azione devastante per la pulizia dei tombini». La devastazione in effetti si vede ogni volta che piove, la pulizia molto meno. Basta un acquazzone e Roma va sott’acqua. È successo anche l’altro ieri: panchine sradicate e usate come tavole dai passanti per raggiungere il marciapiede, stazioni del metrò chiuse con le rampe formato cascata, sottopassi con le auto intrappolate tra i gorghi, rifiuti che navigano nelle pozzanghere. E i tombini? Il Campidoglio solo pochi giorni fa si è vantato di avere realizzato 2mila interventi. Peccato che i chiusini in tutta la città siano quasi 70mila. Significa che si è riusciti a sturare una caditoia ogni trenta, se va bene. Questione di fondi (pochi) e di appalti che s’impantanano nel vischio della burocrazia comunale. Del resto la questione è gestita da due uffici diversi, quello dei Lavori pubblici, che si occupa dei chiusini, e l’Ama, che dovrebbe spazzare. Ma tra un rimpallo e l’altro, la situazione precipita.

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APPALTI AL RALENTI
Per ora la giunta di Virginia Raggi può contare su un milione scarso. Ma ci sarebbero quasi 5 milioni pronti proprio per i lavori sulle caditoie. Fondi che stanno lì, in cassa, inutilizzati, addirittura dal Giubileo del 2015. Facevano parte del pacchetto d’interventi per l’Anno Santo e la vicenda spiega bene i ritmi pachidermici con cui si muove - anzi, non si muove - l’amministrazione dell’Urbe. Già la delibera per gli appalti è stata sfornata solo nell’ottobre 2016, cioè a Giubileo praticamente finito. Si prevedevano due commesse, una per le caditoie della «grande viabilità» e una per i tombini nelle strade più piccole, gestite dai municipi. Totale: 4,7 milioni. Si è andati avanti al ralenti, tra impacci, dirigenti e funzionari che si dichiaravano «incompatibili», altri che rifiutavano l’incarico - la fuga dalle responsabilità è un’altra vecchia piaga comunale - mentre l’Anticorruzione spediva in Campidoglio una pila di contestazioni: sviste contabili, vizi formali e sostanziali, errori nell’applicazione del codice degli appalti. Un disastro, tutto da rifare. Risultato: ancora oggi le due commesse vanno aggiudicate.
Poi c’è l’Ama, la municipalizzata che dovrebbe spazzare le strade e invece è allo sbando. Lo ha certificato l’Agenzia comunale che controlla la qualità dei servizi: una via su tre è sporca. Alla voce «pulizia delle strade», si legge nel rapporto dell’Authority, solo il «65,7% delle rilevazioni» è stato «almeno sufficiente». Pensare che l’obiettivo fissato dal Campidoglio prevede il 92% di reazioni positive. 

OMBRELLI A BORDO
Basta fare un giro in città, dalle consolari alle stradine interne, per trovare tappeti di foglie secche srotolati per centinaia di metri. Accade ora, in pieno inverno, ma il colpo d’occhio era simile perfino ad agosto. Segno che da quelle parti non passa nessuno o quasi da mesi. Lo sciagurato mix di chiusini intasati e fogliame che si affastella ai margini delle vie perché nessuno spazza trasforma le carreggiate in fiumi d’acqua sporca al primo scroscio di pioggia. E la foce, purtroppo, sono spesso le stazioni del metrò, dove questo corso piovano si riversa, inondando le scale, sia tradizionali che mobili, quando non sono guaste e già ko. Piove perfino dentro i bus dell’Atac, perché la partecipata dei trasporti, in attesa che la flotta sia rinnovata al completo, è costretta a spedire in strada anche le navette più vecchie, anni 2000. «E su quelle vetture, data l’età, qualche infiltrazione spesso c’è», ammettono gli operai. «Almeno così, non si perdono le corse». Ma se salite a bordo, portate l’ombrello.

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