Roma, boom di abusivismo e falsi, un acquisto su 3 è “illegale”
Confcommercio, l'illegalità costa oltre 30 miliardi
L’indagine ha permesso di individuare, grazie al costante monitoraggio del web e, in particolare, delle piattaforme social (Facebook, Instagram), un fiorente commercio di articoli di abbigliamento contraffatti, che riproducevano illegalmente i marchi di note firme della moda italiana ed estera, ovviamente a prezzi nettamente inferiori rispetto a quelli di mercato.
I profili social erano stati trasformati in veri e propri negozi on line, dove veniva proposto ai potenziali clienti utenti del web l’acquisto di prodotti contraffatti, il cui corrispettivo veniva pagato attraverso l’accredito del denaro su carte di credito postali “Postepay” ovvero attraverso il sistema “PayPal”.
Gli abiti contraffatti venivano confezionati in due due attività commerciali, situate nei Comuni di Frosinone e Napoli, intestate a persone compiacenti riconducibili agli indagati. Il continuo monitoraggio degli indagati, altresì, ha consentito di rilevare i legami di due degli arrestati, peraltro già noti alla giustizia, con la criminalità organizzata campana.
Gli indagati sono andati avanti nel commercio illegale nonostante i vari sequestri della Finanza. I profili social venivano intestati a persone inestistenti e o a stranieri compiacenti.
In tutto sono stati sequestrati n. 1.247 capi di abbigliamento, la cui successiva consulenza tecnica ne ha accertato la falsità, per un valore di mercato di circa 100.000 euro. L’autorità giudiziaria, oltre alle misure cautelari personali, ha disposto il sequestro preventivo del denaro presente sui conti correnti intestati ai principali indagati e, qualora incapienti, il sequestro per equivalente di beni nella proprietà o disponibilità dei suddetti per un ammontare di 60.000 euro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA