Una Dama di picche, quella del regista tedesco, scrutata attraverso una sorta di teleobbiettivo, con taglio quasi cinematografico, che si sofferma, amplificandole, sulle complesse figure del dramma. Lo spazio - disegnato insieme con i costumi da Wolfgang Gussman - dove colloca i singoli personaggi è grande, vuoto, quasi desolato, claustrofobico.
«Hermann, il protagonista - spiega Decker - si sente come di vivere in una prigione. Incapace di modificare la sua condizione, stritolato fra una irrealizzabile bramosia di vita e l'odio crescente verso di essa. In questa spaventosa tenebra spirituale il gioco delle carte gli appare come un miraggio, una distorta e seducente promessa. È povero e deve giocarsi il tutto per tutto. Non può puntare del danaro e allora punta su se stesso, gioca per la vita o la morte. Hermann diviene, in questo modo, il prototipo per eccellenza dell'essere umano, che gioca il suo destino per la vita e la morte e, alla fine, perde sempre. Lo stesso Čajkovskij vedeva la vita come un outsider. Come omosessuale nella società zarista doveva cancellare amore e sessualità dalla sua esistenza, il desiderio di liberare la sua personalità e quello della felicità rimasero per lui sempre inappagati».
Ispirato al racconto omonimo di Aleksandr Pukin, La Dama di picche fu scritta da Čajkovskij su libretto del fratello Modest, proprio in Italia, a Firenze, e debuttò il 19 dicembre 1890 al teatro Mariinskij di San Pietroburgo. In Italia, arriva nel 1906 alla Scala di Milano.
Il cast dei cantanti è composto da Misha Didyk e Oleg Dolgov che si alterneranno nel ruolo di Herman, Tomas Tomasson, invece sarà il conte Tomskij, insieme a Maksin Aniskin che vestirà i panni del principe Eleckij, Liza avrà le voci di Anna Nechaeva e Zoya Tsererina e La contessa quella di Julia Gertseva. Il coro è istruito da Gea Garatti Ansini.
Lo spettacolo è stato ripreso da Stefan Heinrichs.
Repliche dal 13 al 15 dicembre.
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