Il dramma di Silvia: «I miei due figli con il morbo di Batten non si muovono, io ho un tumore. Aiutateci»

Il dramma di Silvia: «I miei due figli per il morbo di Batten non parlano e non si muovono più. Aiutateci»
di Maria Lombardi
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Domenica 1 Dicembre 2019, 10:37 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 12:05

«Come mamma vorrei solo morire. I miei due bambini non camminano, non parlano, non riescono nemmeno a stare seduti. Muovono solo gli occhi. E fino all'età di tre anni giocavano, correvano, chiacchieravano. Poi pian piano hanno perso tutto». Colpa di una malattia neurodegenerativa, il morbo di Batten. «Per il dolore mi sono ammalata anche io di tumore. Adesso vorrei solo  poter dire di averle provate tutte per salvare i miei due bambini». Silvia Sette, 45 anni, lotta con un melanoma e con il male che sta spegnendo i suoi due figli: Marco, 9 anni, e Francesco di 6. «Aiutatemi, vi prego. Da soli non possiamo farcela», il suo appello su facebook. Silvia aveva un lavoro, faceva le pulizie all'aeroporto di Fiumicino, una famiglia, quattro figli, due maschi e due femmine. «La malattia ci ha portato via tutto».

Era il 2014, la mamma di Cerveteri aveva appena partorito il suo quarto figlio: dopo Giulia, Sara e Marco, era arrivato Francesco. Marco aveva tre anni  e mezzo quando al Bambino Gesù gli hanno diagnosticato il morbo di Batten variante 7, una malattia genetica rara. «Mi dissero: il suo bambino perderà la parola, la vista, smetterà di camminare, resterà in uno stato vegetativo e poi morirà». 





Nessuna cura, allora, per il morbo di Batten. «Mi ammalai anche io, un melanoma sul collo al terzo stadio, lo scorso Natale mi hanno trovato una metastasi al linfonodo ascellare e sono in cura. Combatto, devo star bene per i miei figli. Quando Francesco, il piccolo, aveva tre anni gli hanno diagnosticato la stessa malattia del fratello. Ha crisi epilettiche fortissime e star perdendo anche la vista. L'unica nostra speranza è la cura sperimentale che stanno facendo negli Stati Uniti». La cura seguita da Mila Makovec, la bambina americana di 8 anni con il morbo di Batten, per la quale è stato appositamente sviluppato un farmaco: non la può guarire ma può migliorare le sue condizioni. «Vorrei che anche i miei bambini entrassero nella sperimentazione, il 24 agosto li avrebbero dovuti ricoverare all'ospedale di Dallas ma è stato tutto rinciato. Adesso ci dovrebbero chiamare a New York».
Per affrontare i costi delle cure è partita una raccolta di fondi da parte dell'associazione A-Ncl. Su facebook c'è la pagina “Uniti per amore di Marco e Francesco”. «Totti, Ronaldo e Immobile ci hanno regalato le magliette, per i miei figli sono state fatte tante manifestazioni. Abbiamo raggiunto i  200mila euro. Per la cura ancora non bastano. Vogliamo muoverci perché negli Stati Uniti è imminente la sperimentazione proprio sulla variante 7 del morbo di Batten».


Farmaco creato per una sola paziente: é la prima volta. Sperimentato su bimba con malattia genetica rara

Nell'attesa del viaggio le giornate di Silvia e dell'ex marito sono completamente dedicate ai bambini. «Io non lavoro più, sono in aspettativa. Anche il padre ha dovuto smettere di lavorare, non ce la facevamo. Da quando ci siamo separati, lui si occupa di Marco e io di Francesco. Ma non abbiamo alcuna assistenza infermieristica, a scuola sono previste solo sei ore di sostegno settimanale. É diventato un problema mandarli a scuola, i miei figli non riescono nemmeno a bere se non con la siringa. Non c'è nessuno che possa dargli acqua, cibo o i farmaci antiepilettici se ce ne fosse bisogno. Non riescono nemmeno a stare seduti, bisogna legarli. Da soli non ce la possiamo fare. Ma io le proverò tutte e mi batterò fino all'ultimo respiro per provare a curarli».  

Una corsa contro il tempo. «Purtroppo la malattia è più veloce della burocrazia», Mara Piccinato fa parte del comitato direttivo dell'associazione A-Ncl onlus. «Sono una quarantina in Italia i bambini affetti dal morbo di Batten. Nascono apparentemente sani e tra i 3 e i 5 anni la malattia si manifesta: perdono qualsiasi facoltà, arrivano a non riuscire più a deglutire e respirare e muoiono. Soffrono di crisi epilettiche spesso resistenti ai farmaci». La speranza di Marco e Francesco  è il viaggio negli Usa, prima che sia troppo tardi.   

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