Riccardo De Palo
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di Riccardo De Palo

Francesca Cavallo, scrittrice "ribelle": «Nella mia favola di Natale i bambini hanno due mamme»

Francesca Cavallo
di Riccardo De Palo
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Martedì 26 Novembre 2019, 15:45

Elfi al quinto piano è una favola di Natale di gusto vittoriano, che si distingue per una caratteristica a dir poco rivoluzionaria: i tre piccoli protagonisti hanno due mamme, una coppia mista e omosessuale. Terminato il sodalizio con Elena Favilli, coautrice del successo globale delle Storie della buonanotte per bambine ribelli, Francesca Cavallo è tornata con una nuova società tutta sua, con l'obiettivo di «spaziare tra generi, esplorare più strade possibili», compresi cinema e televisione. Il sogno sarebbe «un album di Natale con Jovanotti, un poeta straordinario». Chissà che Mister Cherubini non la coinvolga in un suo tour on the beach; ma per ora on the road è lei, con il primo libro da solista (appena uscito per Feltrinelli), da presentare: dopo la tappa di domenica a Roma, l'autrice è oggi alla Ubik di Frosinone; e poi a Bari, Taranto, Casalecchio di Reno; infine l'ultima tappa, Milano, il prossimo primo dicembre.

Si direbbe che a lei piaccia molto il Natale, è così?
«Eccome, l'ho sempre passato con i miei parenti, leggendo Canto di Natale, guardando Miracolo nella 34ª strada, Mamma ho perso l'aereo; mi sono goduta tutte queste avventure ma in nessuna ho mai visto una famiglia come quella che sogno di costruire».
 



E quindi, ha deciso di riempire un vuoto.
«Ho voluto confrontarmi con un genere molto tradizionale, che è quello della fiaba di Natale. Il mio interesse per le favole si è molto consolidato con le Storie della buonanotte per bambine ribelli; così ho voluto continuare con questo filone, inserendo una famiglia come quella che io avrei voluto vedere, nelle fiabe con cui sono cresciuta».

Considera conclusa l'avventura delle ribelli?
«Sì, e questo libro per me è l'inizio di una nuova fase. Con Elena Favilli è finito il nostro sodalizio, la nostra avventura imprenditoriale e sentimentale».

La sua base, però, resta Los Angeles?
«Per ora sì, ma a Natale torno sempre in Italia: sono di Lizzano, in provincia di Taranto, ci ritroviamo sempre in sessanta».

Sessanta? Davvero?
«Ho una famiglia molto numerosa e unita: ricordo questa tavolata lunghissima che dopo cena si trasformava, si metteva il panno verde e gli adulti giocavano a carte, mentre noi bambine andavamo a giocare nella stanza di mia nonna».

Nella sua favola si fa accenno a un presidente a cui non piacciono le famiglie non tradizionali.
«Purtroppo i diritti vengono attaccati da molte parti nel mondo, anche nel nostro Paese. Non c'è un riferimento specifico: che si tratti dell'Italia, degli Stati Uniti o del Brasile, c'è poca differenza».

Ispirazioni?
«Ho fatto una lunga ricerca sui libri natalizi del periodo vittoriano: volevo un'illustratrice che ricordasse quello stile. Sono molto contenta di avere individuato il tratto che cercavo in Verena Wugeditsch, che ho trovato su Instagram: ha diciotto anni e questo è il suo primo libro: era così emozionata quando ha visto la prima copia, nel paesino austriaco in cui vive. Questo progetto rappresenta, per me, un nuovo inizio; e volevo che lo fosse anche per qualcun altro; incontrerò Verena finalmente il primo dicembre, per la presentazione milanese».

Nel suo libro, tutti vivono la diversità come una cosa naturale.
«Sì, e riescono a convivere in modo pacifico. Volevo raccontare questa famiglia nella normalità quotidiana, invece che farne una bandiera: solo così si può spostare il dibattito e far sentire le persone a proprio agio».

I bambini sono molto più aperti alle innovazioni degli adulti, è così?
«Sì, non nascono misogini, non nascono omofobi. Per questo mi sembra rivoluzionario, nelle cose che scrivo, esporre i bambini a modelli diversi, perché solo questo può educarli al rispetto degli altri e di se stessi. Finché continuiamo a crescere con l'idea che determinati temi devono essere rimossi perché non sono opportuni, continueremo a instillare nelle nuove generazioni un senso di vergogna rispetto a certe parti della propria identità; e questo non può che generare enormi problemi a livello sia individuale che collettivo».

Lei desidera dei figli?
«In questo momento non è nel mio orizzonte, ma non lo escludo».

Cosa pensa della questione genitore uno-genitore due?
«Credo che l'omofobia nasca dalla paura di ciò che non si conosce: sono ancora troppo poche le storie che mostrano nella loro normalità quotidiana persone e famiglie omosessuali; così, chi vuole strumentalizzare l'odio ha gioco facile.
Ma la democrazia vuol dire una cosa sola: inclusione».

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