Dopo gli studi di filosofia, Douchet collaborò a “La Gazette du cinéma” e dal 1957 divenne critico dei Cahiers du cinéma, di cui fu vice direttore al fianco di Eric Rohmer fino al 1963. Nei successivi cinquant’anni Douchet si è dedicato soprattutto all’insegnamento, dividendosi tra sporadiche apparizioni come attore per gli amici cineasti e dirigendo lui stesso alcuni film di nicchia ma diventati di culto tra i cinefili, come Et crac (1969), dove l’amico Claude Chabrol interpreta un industriale che trascura l’affascinante moglie per il lavoro. Douchet, nato il 19 gennaio 1929 nella cittadina di Arras, mosse i primi passi come critico e presto coltivò ambizioni registiche. Malgrado cinque pellicole, scelse di abbandonare la regia («troppe complicazioni», disse in un’intervista). Interpretò però piccole parti in vari film di amici, tra cui un primissimo cameo nei panni dell’amante della madre di Antoine Doinel in I 400 colpi (1959) di Truffaut e vestì i panni del giornalista in Fino all’ultimo respiro (1960) di Godard. Non particolarmente attivo dietro la macchina da presa, il critico cambiò la vita di molte persone davanti allo schermo: a partire dagli anni Sessanta iniziò a insegnare cinema nei cineclub e alla prestigiosa scuola di cinema Idhec di Parigi, dal 1969 al 1985, proiettando classici di Orson Welles, Carl Dreyer, John Ford, Alfred Hitchcock e Kenji Mizoguchi, per nominare solo alcuni degli autori che compongono il suo canone. In seguito ha insegnato in diverse università francesi. «Piuttosto che fare il regista ho sempre preferito parlare di film, trasmettere la mia passione per il cinema attraverso la parola», amava ripetere Jean Douchet.
© RIPRODUZIONE RISERVATA