Little Italy torna ai '70 per “The Irishman”, la storia nel libro di Charles Brandt

Al Pacino e Robert De Niro in un momento di "The Irishman" di Martin Scorsese
di Leonardo Jattarelli
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Giovedì 21 Novembre 2019, 19:19
A meno di una settimana dalla messa in onda su Netflix dell'attesissimo film kolossal di Martin Scorsese “The Irishman" con De Niro, Al Pacino e Joe Pesci, la piattaforma lancia l'evento con una trovata spettacolare: la Little Italy newyorchese di oggi torna indietro agli Anni '70 solo per due giorni, domani e sabato, per riprendere il look del primo agosto 1975, il giorno dopo la scomparsa del potente capo del sindacato dei camionisti americani. Complici di Netflix saranno undici storici esercizi in cinque isolati della vecchia Little Italy, quella che praticamente non esiste più, sommersa dall’espansione di Chinatown da un alto e dalla gentrificazione a ovest della Bowery. E viene pubblicato per l’occasione un mini Baedeker in stile vintage intitolato “Guida Segreta a Little Italy, 1975” che segnala locali come Alleva Dairy, il negozio di formaggi dell’attore Tony Danza, o Parisi Bakery, una panetteria da quattro generazioni su Mott Street. Nel trailer appaiono, grazie alla tecnologia Cgi, i tre grandi attori in varie fasi della loro vita - De Niro nel ruolo del sicario Frank Sheeran diventato uno dei confidenti di Hoffa (un eccellente Pacino) e Joe Pesci - con un senso di malinconia e spessore, assenti dagli altri film di Scorsese sulla mafia.
Ma sicuramente varrebbe la pena di andarsi a leggere il libro dal quale è tratto “The Irishman”, arrivato in Italia qualche anno fa con il titolo “L'Irlandese - ho ucciso Jimmy Hoffa” di Charles Brandt edito da Fazi. 




IL LIBRO
«Gli avevamo ripetuto tutti come stavano le cose ma lui pensava di essere intoccabile. Alcune persone sono fatte così. Come mio padre che pensava di essere intoccabile quando mi lanciava i guanti da boxe. Ma sanguiniamo tutti». Dunque Jimmy Hoffa doveva sparire. Il capo dell’International Brotherhood of Teamsters, il leader delle lotte sindacali americane degli anni Cinquanta e Sessanta, l’uomo amico della mafia, il personaggio più in vista di Detroit insieme ai capi storici della malavita organizzata, fu fatto fuori dal suo amico più fidato, nel ‘75. L’Irlandese, così lo chiamavano, Frank Sheeran, collega di Hoffa grazie al quale diventerà un alto dirigente del sindacato dei camionisti, tradirà il piccolo corpulento “intoccabile” per conto del boss Russell Bufalino in un appartamento di Detroit dopo un depistaggio su una riunione di Cosa nostra a Bloomfield Hill. Charles Brandt, insegnante e investigatore privato, tra i migliori legali d’America, ha raccolto nel suo libro la testimonianza dell’Irlandese, la confessione del suo delitto; la prima e l’unica. 





La più dettagliata, fredda, spietata storia di quasi quarant’anni di amicizia, diventa l’affresco di un ininterrotto traffico pubblico e privato tra sindacato e mafia, ma non solo. Il libro-rivelazione L’Irlandese, ho ucciso Jimmy Hoffa, edito da Fazi è una sorta di sceneggiatura appassionante e dettagliatissima, sugli incontri, i luoghi, le personalità, gli intrighi del malaffare, le spartizioni e le lotte di potere di un antistato alle prese con le pressioni della Casa Bianca, prima con John F. Kennedy, poi con Johnson e ancora con Robert Kennedy. 
Hoffa, il “lottatore di strada” iniziò con le corporazioni dei generi alimentari e, indignato per il comportamento subìto dai suoi lavoratori, organizzò il primo sciopero degli “swampers”, i commercianti di fragole. Poi, con l’appoggio della mafia locale, razionalizza l’industria Usa favorendo i potenti delle lobby degli autotrasporti. Ma il suo essere “intoccabile” doveva avere fine. Troppo scomodo anche per la mafia un uomo che non cedeva su nulla, che non temeva nessuno («Era contro l’establishment prima che il termine diventasse di moda»).


Il suo corpo non verrà mai trovato, finito in un inceneritore: «Lo avevano portato fuori dalla porta che dava sul retro - racconta Frank Sheeran, trentaquattro anni di galera di cui diciotto per l’ultima condanna quando aveva 62 anni e ancora non si era a conoscenza dell’omicidio di Hoffa - e, protetti dallo steccato del garage, lo avevano messo nel baule della Buick. Poi lo avevano portato all’inceneritore». L’Fbi impiegherà duecento agenti, milioni di dollari, 16 mila pagine di dossier per le indagini sulla morte di Hoffa. Charles Brandt li ha bruciati con un’intervista all’assassino durata due anni: «E alla fine gli dissi: bene, ora sei in pace con te stesso, Frank. E questo è ciò che conta».
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