«Mai schiavi del risultato». Soprattutto da bambini

«Mai schiavi del risultato». Soprattutto da bambini
di Mimmo Ferretti
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Domenica 17 Novembre 2019, 00:40
“Non chiedere mai a un bambino, dopo una partita, se abbia vinto o perso. Chiedigli piuttosto se si sia divertito”. Se questo accadesse, tutto sarebbe più giusto. E probabilmente anche più bello. Se il risultato non fosse alla base di tutto già a 7, 8 anni, si eviterebbero un mare di figuracce. Di qualsiasi tipo. A bordo campo e anche (soprattutto) in tribuna. Se al centro di tutto ci fosse solo il divertimento, che non significa non giocare per vincere, ci sarebbero meno esagerazioni, meno esasperazioni. Meno schifezze. E lo sport continuerebbe (ricomincerebbe?) a essere una palestra di vita. Una vita con principi a prova di sconfitta. 

La realtà, invece, troppo spesso ci mette di fronte a brutture che non hanno un senso compiuto: in nome del risultato, su un campo di calcio o sul parquet di una palestra, tutto si pensa e tutto si fa. L’avversario sempre inteso come nemico, mai come avversario punto e basta. Come se non ci fosse strada alternativa. Come se fosse un obbligo vincere sempre e comunque e un’onta perdere. Come se quello fosse l’unico cammino da seguire per essere felici. Ma la felicità, si sa, è semplicemente rimanere bambini, dopo qualsiasi risultato.
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