Ilva, fermo il tavolo con Arcelor, Conte cerca un'altra cordata. Salta l'incontro, Gualtieri apre a Cdp

Ilva, fermo il tavolo con Arcelor, Conte cerca un'altra cordata. Salta l'incontro, Gualtieri apre a Cdp
di Alberto Gentili
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Martedì 12 Novembre 2019, 07:31 - Ultimo aggiornamento: 11:59

«Il signor Mittal non ha mandato segnali, non sono previsti vertici nelle prossime ore. Speriamo mercoledì...». Giuseppe Conte, un po’ come un amante non corrisposto, attende le mosse del patron di ArcelorMittal. E nonostante il gruppo franco-indiano abbia rinviato di qualche ora il deposito dell’atto di recesso, comincia a domandarsi con sempre maggiore insistenza e allarme, se Lakshimi Mittal abbia ancora interesse a sedersi al tavolo della trattativa.

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O se invece abbia ormai deciso di fare le valigie, come del resto ha annunciato ufficialmente, lasciando al proprio destino l’acciaieria di Taranto e i suoi 20 mila lavoratori (indotto incluso). 
Tant’è che il premier, pur avviando la battaglia legale («il recesso è infondato»), comincia a studiare il piano “B”: il ritorno della gestione dell’Ex Ilva ai commissari, un prestito ponte di 700-800 milioni e nuova gara d’appalto con capofila Cassa depositi e prestiti (Cdp), il gruppo di Leonardo Del Vecchio, già protagonisti della cordata Acciaitalia sconfitta nel 2018 proprio da ArcelorMittal, più Leonardo e Fincantieri. E forse il modello finale potrebbe essere quello adottato per Alitalia, con il ministero dell’Economia con un 15% del capitale.
 



Negli ultimi giorni, nella speranza che quello del colosso franco-indiano fosse soltanto un bluff per strappare condizioni più favorevoli, Conte si è convinto che per il governo sarebbe possibile accettare tra i duemila e i 2.500 esuberi. E ha cominciato a studiare un piano per tutelare - attraverso un “Fondo pluriennale per il sostegno ai lavoratori” da inserire nella legge di bilancio con uno stanziamento iniziale di 5-10 milioni - i dipendenti in esubero. E ha anche esplorato la possibilità di concedere al signor Mittal uno sconto sul canone di affitto dell’acciaieria. Più, il famoso scudo penale.

Ma a palazzo Chigi, ora dopo ora, cominciano a vedere sempre più nero. «Tutti i segnali che raccogliamo vanno in una sola direzione: il disimpegno del gruppo franco-indiano», racconta Mario Turco, deputato tarantino e sottosegretario alla programmazione economica e investimenti, «e non è una cosa di questi giorni. Abbiamo scoperto che ArcelorMittal, oltre a fermare l’approvvigionamento delle materie prime, ha anche rifiutato alcune commesse. Questo sembra chiudere il cerchio: hanno deciso di andarsene e se ne stanno andando. Del resto la richiesta di 5 mila esuberi è inaccettabile».

Turco, che ha passato il weekend e anche ieri a Taranto, parla di «situazione esplosiva». «E’ un momento estremamente delicato sia per i lavoratori, sia per tutto l’indotto, sia per le aziende che utilizzano l’acciaio dell’ex Ilva», spiega, «qui si rischia una crisi gravissima. I fornitori di ArcelorMittal hanno emesso fatture per 50 milioni, che rischiano di non essere pagare, e lo spegnimento progressivo degli altiforni può portare alla morte definitiva dell’acciaieria».

L’epilogo, appunto, che Conte, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il responsabile dello Sviluppo Stefano Patuanelli vogliono «assolutamente evitare». Per questo a palazzo Chigi garantiscono: «Il premier sta studiano soluzioni alternative». Ed è per la stessa ragione che Conte sta esplorando l’ipotesi di dare vita a una nuova cordata, visto che la soluzione della nazionalizzazione (gradita ai 5Stelle e Leu) è considerata «un’extrema ratio» e dal ministro dell’Economia «una pericolosa illusione».
 
IL PIANO B
Però è lo stesso Gualtieri a far balenare la possibilità di un coinvolgimento di Cdp, magari affiancata da Invitalia: «Cdp non va esclusa dalla cassetta degli strumenti di cui disponiamo». Certo, al Mef si affrettano a dire che «per ora questa soluzione non esiste, per serietà bisogna portare avanti il piano “A”: la trattativa con ArcelorMittal». Ma è anche vero che proprio ieri l’ad di Cdp, Fabrizio Palermo, ha dichiarato al Corsera: «La disponibilità di acciaio è strategica per un Paese manufatturiero come l’Italia, per questo avevamo partecipato alla gara». E, sempre ieri, Leonardo Del Vecchio, partner di Cdp nella stessa cordata, è stato visto vicino a palazzo Chigi. «Un incontro con Conte? Non posso né smentire ne confermare», dice chi ha parlato con il premier sempre più convinto che «la vera sfida sia la tutela della salute e la salvaguardia dei posti di lavoro». Due aspetti che potrebbero essere tenuti insieme da una cordata a partecipazione pubblica, con dentro Cdp, Invitalia, Fincantieri, Leonardo e addirittura il Mef. Più o meno il modello Alitalia, appunto.

In attesa di capire cosa succede, Conte con la benedizione del Pd e per venire incontro a Luigi Di Maio e ai grillini, ha deciso di mettere in stand-by la grana dello scudo penale. Quella in grado di terremotare governo e maggioranza. Se ne riparlerà quando sarà chiaro il destino dell’ex Ilva.
 

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