Al momento Teheran afferma di disporre di circa 150 miliardi di barili. I numeri ne fanno il quarto deposito al mondo di petrolio, oltre che il secondo per gas naturale. Il nuovo giacimento potrebbe diventare il secondo più grande del Paese dopo quello da 65 miliardi di barili di Ahvaz. «Dico alla Casa Bianca - ha esultato Rohani annunciando la scoperta - che nei giorni in cui sanzionavate la vendita di petrolio iraniano e facevate pressione sulla nostra nazione, i nostri ingegneri stavano scoprendo 53 miliardi di nuovi barili».
Gli Stati Uniti avevano introdotto la stretta sul petrolio iraniano a novembre dell'anno scorso: una misura che prevede l'imposizione di sanzioni per chi continuerà a importare il greggio proveniente da Teheran. Da queste, solo in un primo momento erano stati esclusi otto Paesi, tra cui l'Italia. Un'iniziativa messa a segno dall'amministrazione di Donald Trump con l'obiettivo di azzoppare la principale fonte di entrate del Paese mediorientale e costringerlo a negoziare un nuovo accordo sul nucleare. Le conseguenze sono state diverse e tutte negative: dalla crisi delle petroliere prese in ostaggio nel corso dell'estate scorsa ai gravi problemi energetici, con la conseguente decisione dell' Iran di svincolarsi progressivamente dai paletti posti dall'accordo del 2015, riprendendo l'attività di arricchimento dell'uranio: al momento è arrivata a un livello del 4,5%, lontanissimo dal limite imposto del 20% e da quello del 90% che sarebbe necessario, secondo gli esperti, per la produzione di un'arma atomica. Sufficiente tuttavia ad alimentare il nucleare per uso civile.
Parallelamente alla scoperta del nuovo giacimento, Teheran ha annunciato la costruzione di un secondo reattore nella centrale di Bushehr, 700 chilometri a sud di Teheran.
Come il primo, in funzione dal 2011, anche questo sarà costruito con l'aiuto russo, e ad alimentarlo sarà proprio l'uranio arricchito prodotto dalle centrifughe iraniane.
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