Il governo boccia l’idea Raggi: «No ai soldati nelle periferie»

Il governo boccia l’idea Raggi: «No ai soldati nelle periferie»
di Simone Canettieri
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Sabato 9 Novembre 2019, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 07:38

Il «no» alla richiesta di Virginia Raggi è doppio. E pesante. Arriva dai piani alti del ministero della Difesa e trova d’accordo anche il Viminale: non arriverà l’esercito nelle periferie della Capitale come richiesto dalla sindaca. L’argomento sarà trattato venerdì prossimo in Prefettura - in maniera ufficiale - nel corso del comitato per l’ordine e la sicurezza a cui parteciperà anche il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Ma la linea del governo è tracciata: niente mimetiche per le strade. Anche perché Roma non è la Palermo dell’operazione Vespri del ‘92. Sicché la militarizzazione di una Capitale non governata e sfilacciata nel suo tessuto sociale non è la risposta a una situazione complicata che trova la congiunzione di criminalità più degrado, più mancanza di servizi minimi.

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La posizione di Raggi, però, è nota ed è stata svelata giovedì dal Messaggero, dopo l’escalation di fatti criminali accaduti in città: dall’incendio alla libreria “La pecora elettrica” a Centocelle fino alle ultime sparatorie sfociate nel sangue nei quadranti periferici. «Serve la presenza dei militari della Brigata Sassari per contrastare l’attività nelle piazze di spaccio di Roma sud-est», è stato l’input del Campidoglio. Che sembra andare nel senso contrario rispetto alla Difesa. 

Al ministero guidato da Lorenzo Guerini non hanno ricevuto alcuna domanda da parte del Comune, ma al di là di questo la linea dei vertici delle forze armate è la seguente: non può essere l’esercito la soluzione ai problemi di Roma. Anche perché, come spiegato dal ministro Pd nei giorni scorsi durante un’audizione nelle commissioni congiunte di Camera e Senato, l’operazione “Strade sicure” «è un impegno gravoso: sono coinvolti più militari rispetto alle missioni all’estero». Ecco perché ha annunciato: «I tempi sono maturi per avviare insieme agli altri ministri interessati una riflessione per riqualificare l’operazione». 

Dunque, i 7mila uomini (e donne) piazzati oggi in giro per il Paese davanti agli obiettivi sensibili in chiave antiterrorismo sono destinati a diminuire sempre di più. Per il “caso Roma”, inoltre, si ripropone di nuovo la concezione che l’esercito possa sopperire all’ordinaria amministrazione. Ci provarono un anno fa i 5 Stelle nell’ultima manovra con la proposta del viceministro dell’Economia Laura Castelli di impiegare il Genio per riparare le buche delle consolari, spesso teatri di incidenti mortali. 

Un esperimento mai partito, anzi contestato dal ministro di allora, la grillina Elisabetta Trenta, dopo una rivolta interna dello Stato maggiore. E, a volerla raccontare tutta, anche i generali arrivati in Campidoglio la scorsa primavera per portare ordine e disciplina nei dipartimenti nevralgici dell’amministrazione (dal verde ai vigili urbani) dopo pochi mesi hanno salutato tutti, battendosi in ritirata: «Troppo caos, troppe polemiche, troppe scelte incomprensibili». 

Fin qui il ministero della Difesa, poco interessato a supplire alle mancanze di un ente pubblico, poi c’è il Viminale. Lamorgese a proposito del vertice di venerdì ha annunciato: «Vedremo di tirare fuori un progetto che possa rendere Roma ancora più sicura». Dall’Interno aggiungono questo ragionamento: faremo la nostra parte, magari anche con rinforzi delle forze dell’ordine per aumentare la sicurezza e la repressione dei reati. Ma, è il pensiero del ministero, «servono politiche pro-attive da parte del Comune». Iniziative contro il degrado, azioni per coinvolgere i commercianti. Ma Raggi non si arrende: ieri la sua richiesta è stata ripresa anche dal quotidiano britannico The Times. Anche se il tempo della verità si avvicina con il summit di venerdì in Prefettura.
 

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