Investimenti, Consob: "Risparmi delle famiglie in calo. Cresce sfiducia"

Investimenti, Consob: "Risparmi delle famiglie in calo. Cresce sfiducia"
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Venerdì 8 Novembre 2019, 12:15
(Teleborsa) - Meno risparmi, un calo degli investimenti e una scarsa fiducia nel sistema finanziario. Questo il quadro che emerge dal Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane per il 2019 presentato oggi dalla Consob. A risparmiare in modo regolare, soprattutto per motivi precauzionali – secondo lo studio – è il 31% degli intervistati, in lieve calo rispetto all'anno precedente quando il dato si attestava al 33%. Una percentuale che si alza al 37% per i risparmiatori occasionali mentre il 26% non riesce ad accantonare nulla, soprattutto perché le spese assorbono tutte le entrate famigliari.

La mancanza di risparmi – si legge nel Rapporto – rappresenta il maggior deterrente all'investimento, seguita dalla mancanza di fiducia nel sistema finanziario. Nel corso del 2018, le attività finanziarie lorde delle famiglie italiane hanno registrato una contrazione del 3,1% (-0,5% nell'area euro), a fronte di una crescita delle attività reali del 2,7% e una diminuzione delle passività pari allo 0,7%. Nel complesso, la ricchezza netta in rapporto al reddito disponibile rimane superiore al dato dell'Eurozona (rispettivamente, 8,2 e 7,7 a fine 2018), mentre il tasso di risparmio lordo domestico pari al 10% circa, sebbene in lieve crescita per la prima volta dal 2014, continua a essere inferiore al valore registrato nell'area euro. Si conferma inoltre la minore incidenza del debito delle famiglie italiane sul Pil rispetto alla media della zona dell'euro: a fine 2018 pari rispettivamente al 40% e al 60%. A fine 2018, il 30% delle famiglie italiane dichiara di possedere almeno un'attività finanziaria, rappresentata da fondi comuni e titoli di Stato italiani, rispettivamente nel 26% e nel 18% dei casi.

Nelle decisioni sugli investimenti finanziari gli italiani continuano a preferire il "fai-da-te". Lo Studio rileva come solo il 20% si affidi a un consulente finanziario o a un gestore che consulta anche per monitorare il proprio portafoglio. Gli altri, invece, rientrano nell'ampia sfera del "fai-da-te" che il rapporto Consob divide in due gruppi: un 40% che decide in autonomia e un altro 40% che si affida ai consigli di amici e parenti, a volte attivi nel settore della finanza, ossia alla cosiddetta consulenza informale. Chi si affida al consulente – sottolinea la ricerca – stabilisce una relazione solida e solo il 18% dichiara di averlo cambiato in quanto insoddisfatto dal servizio. Le raccomandazioni ricevute vengono seguite nel 60% dei casi, meno del 20% si documenta consultando fonti informative alternative e meno del 5% chiede sempre una seconda opinione ad altro esperto.

Dallo studio emergono, inoltre, carenze in tema di educazione finanziaria. A non sapere cosa siano conto corrente e altri strumenti come azioni, obbligazioni, fondi comuni e Bitcoin è infatti oltre il 30% del campione (composto da 3.056 persone) intervistato dalla Consob mentre "il 21% degli intervistati non conosce nessuna delle nozioni di base (inflazione, relazione rischio-rendimento, diversificazione, caratteristiche dei mutui, interesse composto) e di quelle avanzate (riferite ai titoli obbligazionari)". Solo il 12% degli italiani intervistati – continua il Rapporto Consob – mostra padronanza di 4 dei 7 concetti presentati, mentre esclusivamente il 2% definisce correttamente tutte le nozioni. Sulla consapevolezza del proprio livello di conoscenze finanziarie, poi, "in media il 34% del campione mostra un disallineamento fra conoscenze reali e conoscenze percepite che si traduce in una sovrastima nel 14% dei casi e in una sottostima nel restante 20%", spiega Consob. Il divario tra conoscenze reali e valutazione ex post (ossia successiva alla verifica puntuale delle nozioni prima menzionate) mostra invece una sovrastima della propria cultura finanziaria nel 28% dei casi. Gli intervistati si connotano anche per un basso livello di capacità matematiche di base (numeracy), come si evince dal fatto che il 54% del campione non sia in grado di eseguire un semplice calcolo percentuale.


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