Più in particolare la persona offesa ha raccontato di essere stata «rincorsa e picchiata dopo una lite» scoppiata «perché lei voleva che il compagno lasciasse quell'appartamento». Soltanto l’indomani, quando l’albanese stava dormendo, la poveretta era riuscita a fuggire. Tra le accuse mosse all'imputato, difeso in aula dall'avvocato Antonio Aiello, ci sono anche le lesioni: stando alla ricostruzione l'imputato ha «ripetutamente colpito con pugni, calci al volto e schiaffi la donna procurandole fratture costali multiple con versamento pleurico», lesioni giudicate guaribili in 40 giorni.
Ecco, infine, l'accusa di stalking: considerando che la donna non aveva più fatto rientro a casa per paura, l'imputato aveva - si legge negli atti giudiziari - deciso di «minacciarla di morte per telefono, proferendo in più occasioni al suo indirizzo le parole 'Ti faccio a pezzi, ti ammazzo'». Agli atti sono finite anche le «innumerevoli volte» in cui la donna è stata contattata al telefono - circa duemila telefonate in cinque mesi, da novembre 2016 ad aprile 2017 -. Una condizione, questa, secondo la Procura umbra, che aveva «cagionato in lei un perdurante stato d'ansia e di paura, ingenerando il fondato timore per l'incolumità propria di vita e costringendola a modificare le proprie abitudini di vita». Le indagini sono state svolte dai carabinieri della stazione di Perugia diretti dal luogotenente Lorenzo Antoniello. «Dalla notizia di reato comunicata a questo ufficio e dall'attività di indagine compiuta - scrive il pm - emergono elementi che allo stato escludono di dare corso a una richiesta di archiviazione».
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