Luca Sacchi ucciso, paura all'Appio Latino. Il quartiere: «Non si può morire così»

Luca Sacchi ucciso, paura all'Appio Latino. Il quartiere: «Non si può morire così»
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Giovedì 24 Ottobre 2019, 20:00 - Ultimo aggiornamento: 20:31

Il giorno di San Valentino del 2009 se lo ricordano tutti nel quartiere: su una panchina del parco della Caffarella una ragazzina di 14 anni fu brutalmente stuprata mentre era con il fidanzatino di due anni più grande. E ne parlano con gli occhi bassi mentre guardano le strisce pedonali sporche del sangue di Luca Sacchi, a meno di mezzo chilometro da dove si consumò quella storiaccia, proprio per dire che l'omicidio a bruciapelo del 24enne ha riportato quella paura lì, la stessa di 10 anni fa. La sensazione d'insicurezza e impotenza di fronte ad una violenza che non si comprende. Soprattutto in un quartiere che non è Tor Bella Monaca. Né tantomeno il Bronx evocato dalla forzista Annagrazia Calabria, si suppone quello di 30 anni fa perché oggi il borough newyorchese è tutt'altra cosa.

Luca Sacchi ucciso, il segno del proiettile sulla finestra del pub

L'Appio Latino è uno dei quartieri con la più alta densità abitativa di Roma ma è allo stesso tempo un'oasi tutto sommato tranquilla: palazzi in cortina e case degli anni '30 abitate da un ceto medio impiegatizio ma anche da professionisti, commercianti, piccoli imprenditori. Le abitazioni costano 4 mila euro a metro quadro, quelle con vista parco anche 5/6 mila, non proprio prezzi popolari. Ci sono servizi, piscine, palestre. In zona c'è qualche Casamonica, ma non ci sono mai stati grossi problemi di sicurezza. Lo dicono e lo ripetono, gli abitanti, quasi per scacciare la paura. Il primo è proprio Michele, il titolare del John Cabot, il pub di fronte al luogo dell'omicidio. «Questo non è il Far west, a duecento metri da qui c'è il commissariato, le volanti passano ogni 20 minuti, il quartiere è tranquillo e pieno di telecamere, se tu vieni qui tutti i giorni per un mese capisci che quello che è accaduto è folle, non si può morire così». Sul vetro del pub c'è il segno lasciato dal proiettile che ha ucciso Luca. «Eravamo tutti dentro, stavamo guardando la partita poi abbiamo sentito un rumore, ho pensato che fosse esploso il televisore. Poi abbiamo capito e siamo usciti, lui era in terra in un lago di sangue, abbiamo provato a tamponare la ferita».

Luca Sacchi, la famiglia autorizza la donazione degli organi

Il pellegrinaggio della gente, tra curiosità morbosa e solidarietà per un ragazzo che non c'è più, va avanti tutto il giorno. A 100 metri dal luogo dell'omicidio giocano i bambini dell'asilo, altri trecento metri più avanti ci sono quelli delle elementari. Se fosse accaduto di giorno poteva essere una strage. Qualcuno lascia un fiore, qualcuno dà voce alla paura che agita tutti: «poteva capitare a chiunque». «È uno schifo, non si può morire così - dice Alessandro, titolare di un negozio di tatuaggi della zona - Roma sta diventando pietosa. Erano le 23.30, ti rendi conto? A quell'ora c'è la gente che porta il cane al parco e le famiglie che tornano a casa dopo una pizza. Io ho paura, non si può più uscire la sera». Ed è proprio la sensazione che nessuno è davvero al sicuro a incrinare le certezze di negozianti e abitanti.

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Eligio ha lavorato per 20 anni per la 'Strada dei Parchi', la società che ha in concessione l'A24 e l'A25. «Qui ci si conosce tutti, ci vivono famiglie tranquille. Luca e la sua famiglia sono persone per bene. Questa è una cosa che sconvolge tutto il quartiere, nessuno si aspettava anche solo lontanamente che potesse accadere una cosa simile». E però è successo. E allora torna alla mente un altro episodio folle. Quello di febbraio scorso quando all'Axa, un quartiere residenziale tra l'Eur e Ostia, successe che due ventenni spararono alla giovane promessa del nuoto Manuel Bortuzzo, 'per errore', costringendolo per sempre su una sedia a rotelle. Violenza e ancora violenza, con il risultato di sgretolare giorno dopo giorno le sicurezze della gente comune, che poco ci fa dei dati ufficiali che da anni fotografano un calo generalizzato dei delitti, a partire proprio dagli omicidi. «Non viviamo più tranquilli - dice Paola l'estetista di via Bartoloni, che avrà forse gli stessi anni di Luca - questa è la semplice verità».

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