«Il sodalizio storico tra l'uomo e il cane trova nell'Esercito una delle realizzazioni più esemplari - sottolinea nella lettera la presidente Carla Rocchi - si deve difatti alla collaborazione tra gli animali e i militari il successo di molte operazioni che hanno salvato vite umane. Operazioni che richiedono una dura preparazione e che, nella maggior parte dei casi, si svolgono in situazioni di grande pericolo - prosegue la presidente della lettera - Nonostante le numerose difficoltà e il forte stress cui sono sottoposti, i cani continuano a offrire la propria collaborazione agli esseri umani supportandoli nelle fasi più critiche senza far mai venire meno il proprio affetto e la propria lealtà.
Il debito che il nostro Paese ha nei confronti di queste straordinarie creature è dunque incalcolabile - si sottolinea nella lettera al ministro - per questo motivo credo sia un dovere morale da parte del suo ministero impegnarsi affinché venga reintrodotta nel provvedimento correttivo al riordino dei ruoli al vaglio delle commissioni parlamentari, o nel primo veicolo legislativo utile, la nota espunta che prevedeva l'assistenza sanitaria per i cani in "pensione"».
Il problema non è l’abbandono. Questi cani vengono praticamente sempre “adottati” da chi li ha addestrati e avuti al fianco negli anni di servizio. Ma dal momento in cui lasciano l’attività, perdono ogni assistenza che, invece, resta a carico delle persone con cui continueranno a vivere. «Sono servitori dello Stato - scrivono dal Consiglio intermedio di rappresentanza - ma una volta che si è esaurito il loro ciclo lavorativo restano in stato di abbandono. Bisogna però ricordare che a esaurirsi è il loro lavoro, non la loro esistenza».
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