Sgrena e il giornalismo che annulla le donne: «Biagi disse: "Meglio se fosse stata a casa a fare la calza"»

Sgrena e il giornalismo che annulla le donne: «Biagi disse: "Meglio se fosse stata a casa a fare la calza"»
di Vanna Ugolini
3 Minuti di Lettura
Giovedì 17 Ottobre 2019, 10:35 - Ultimo aggiornamento: 14:52
Ciò che non si dice non esiste. Ciò che si scrive senza prima averlo verificato, molto probabilmente rischia di essere una fake news. O uno stereotipo. Il libro di Giuliana Sgrena, giornalista, "Manifesto per la verità: Donne, guerre migranti e altre notizie manipolate" (Il Saggiatore) parte da qui, da questo incrocio: ci sono le parole delle donne, le storie delle donne che vanno raccontate, le parole maschili che vanno declinate al femminile per dare sostanza a una realtà che prima non c'era. E poi ci sono le notizie manipolate, non verificate, oppure lette superficialmente attraverso la lente dello stereotipo. Quando una notizie che riguarda una donna entra in questo meccanismo ecco che non siamo più di fronte alla verità ma alla celebrazione dei luoghi comuni sessisti.  Se una donna indossa una minigonna e viene violentata se l'è andata a cercare. Se un uomo uccide una donna ha avuto un raptus.
Qualcosa non va nell'informazione ed è un male che non ha solo a che fare con la crisi che sta attraversando da tempo l'editoria, spesso messo sotto scacco dai social e dalle fake news. E' vero, ci sono anche questi problemi, ma quello che permea il racconto che riguarda le donne è ancora il retropensiero della cultura patriarcale, così radicata che, a volte sono le donne a esserne portatrici e a solidarizzare con l'assassino di turno che ha ucciso la compagna.
«In Italia siamo per così dire, purtroppo, vaccinati rispetto all’intreccio perverso di potere, sesso e denaro. E probabilmente proprio l’evoluzione di quei fatti ormai lontani ha portato a una sorta di rimozione o rassegnazione che rende oggi ancora più difficile la denuncia».
Però nell'era del #metoo che è dilagato a livello planetario l'informazione è ancora necessaria così come la testimonianza. L'onda del movimento è arrivata ovunque, anche nel mondo musulmano, anche in Oriente e le donne hanno cominciato ad avere maggiore consapevolezza dei propri diritti e del proprio valore. Qualcosa da salvare in questo mare magnum dove l'informazione naviga insieme al cicaleccio dei social e addirittura alla notizie manipolate c'è ed è l'informazione di qualità, il giornalista che immette nel sistema notizie che ha potuto verificare con i suoi occhi, la sua intelligenza, la sua competenza.E che non accetta di scrivere secondo luoghi comuni nè stereotipi.

Il viaggio di Sgrena nel mondo dell'informazione che tratta le notizie su donne e migranti  si interroga sul senso e sulle modalità con cui si svolge oggi la professione di giornalista ed è una analisi lucida e interessante. Inoltre il racconto puntuale sulla situazione dell'informazione e sulla narrazione al femminile si apre ai movimenti femministi che dopo il #metoo sono esplosi un po' in tutto il mondo, con una panoramica che lascia anche spazio alla speranza che il coraggio delle donne e il loro modo di raccontarsi possano veramente cambiare la realtà delle cose. Sgrena parla di un cambiamento "selettivo" che non riesce a smontare tutti i luoghi comuni: perchè le denunce contro Weinstein sono andate in porto mentre quelle della figlia di Woody Allen gridate contro il celebre genitore non sono state ascoltate?
Una panoramica fatta di luci e ombre, perchè il "vecchio" modo di raccontare è sempre in agguato così come gli stereotipi. Di cui la stessa Sgrena è stata, a sua volta vittima, quando tornò ferita ma viva dopo la drammatica sparatoria in cui rimase ucciso il funzionario italiano, andato in Iraq a liberarla dopo il suo rapimento.

«Come ha detto un giornalista famoso e stimato come Enzo Biagi quando apprese del mio rapimento, sarebbe stato meglio se fosse rimasta a casa a fare la calza. Se fossi tornata in una bara mi avrebbero celebrata (forse) come una giornalista che cercava la verità e aveva fatto degli scoop. In realtà uno scoop, quello dell’uso del fosforo bianco a Falluja, l’avevo anche fatto, ma nessuno se n’era accorto. Invece sono tornata viva e colpevole, visto che me l’ero andata a cercare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA