Gli orfani di femminicidi e la beffa del risarcimento: solo 7.500 euro

Mihaela e Cristian con la loro bambina Gli orfani di femminicidi e la beffa del risarcimento
di Rosalba Emiliozzi
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Martedì 15 Ottobre 2019, 14:07 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 14:49

«Ho tolto la madre a mia figlia e io non ci sarò più, cosa farà ora la bambina?». E' la domanda che il padre assassino, ora in arresto, Cristian Daravoinea, 36 anni, ha rivolto al suo avvocato Fiorenzo Pavone nel primo colloquio prima dell'interrogatorio di garanzia, quando ha dovuto rispondere alle domande del gip sulle due coltellate, una dritta al cuore che ha bucato l'aorta, inferte alla sua compagna Mihaela Roua, 32 anni, madre della sua unica figlia di sei anni. La giovane mamma è stata lasciata morire sul pavimento della cucina dopo una banale lite. 

Dov'è ora e soprattutto cosa farà in futuro la bambina? Una domanda che vale per tutti i bambini e le bambine, gli adolescenti e le adolescenti rimasti orfani di madre e senza il padre perché in carcere e con il rischio di perdere la responsabilità genitoriale. Le due sorelle di Pesaro, rimaste orfane - il padre Andrei, 47 anni, ha ucciso la moglie Maria, 42,  poi si è impiccato - hanno chiesto aiuto via Facebook perché sono rimaste sole e senza mezzi. Non è che una delle tante storie di bambini o poco più che adulti rimasti senza mezzi e senza guida, affetto, consigli. In molti, nel corso degli anni, hanno fatto causa per chiedere l'attivazione di un fondo di solidarietà statale. «La Corte di Giustizia Europea ha condannato l'Italia più volte per la mancata istituzione di un fondo a tutela delle vittime di violenza - dice l'avvocato Paolo Carnevali, che ha seguito molti casi di soggetti deboli, vittime di crimini di violenza -  lo Stato italiano si è finalmente adeguato, solo che ha posto un tetto massimo per i prossimi congiunti di 7.500 euro». Una beffa. «Certo, perché facendo causa, in caso di sentenza positiva si prendeva molto di più. Oggi invece, dopo  l'esecuzione dei beni dell'imputato e l'esito negativo, procedimento che peralto comporta molte spese, si può accedere al fondo e si ha diritto a solo 7.500 euro. E' assurdo» dice il legale.

La mamma di Nereto uccisa 

Oggi la comunità di Nereto, piccolo centro in provincia di Teramo, in Abruzzo, dove la famiglia romena si era stabilita dopo aver comprato casa, dice addio a Mihalea Roua, la mamma uccisa mercoledì scorso perché voleva una vita  piena: lavoro, sentimenti veri, affetto, una famiglia unita. Non chiedeva altro al suo Cristian, autotrasportatore dal carattere cupo, che chiamava sempre «amò, amò, amò» e al quale rimproverava di essere «freddo emotivamente».
 
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Oggi Nereto abbassa le serrande. Il lutto cittadino accompagna il funerale di Mihaela, una di loro, romena da 17 anni in Italia, che lavorava con grande dedizione in una stireria. «Era allegra, brava, con uno spirito imprenditoriale da fare paura, per me era come una sorella» dice Diana, la datrice di lavoro. Piange e pensa alla bambina, nell'immediatezza affidata a un'amica di Mihaela e poi ai nonni materni, giunti dalla Romania dove abitano e dove la bimba con ogni probabilità andrà a vivere.

Risarcimenti femmicidi

E pensare che la storia di Mihaela e Cristian è stata una bella pagina di immigrazione, arrivati in Italia innamorati a 16 e 20 anni, sono stati sempre insieme e insieme si sono costruiti un futuro lavorando nei bar, nei ristoranti, nelle sagre fino al posto fisso, lei in fabbrica, lui nei trasporti, e l'acquisto all'asta di una casa, nel dicembre 2018. A marzo scorso la prima crisi, un momento di freddezza, i primi ragionamenti verso una separazione consensuale. Mercoledì 9 ottobre, a pranzo, quando la bimba era a scuola, la lite. «Abbiamo discusso per la casa, lei voleva lasciarmi, non riuscivo ad accettarlo, poi non ricordo più nulla» ha detto Cristian al giudice. Due coltellate alla compagna, una mortale al cuore, poi la fuga in auto e un maldestro tentativo di suicidio, l'arresto, il pianto e una domanda che lo perseguita: «Cosa farà la bambina?» 

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