Thermae Romae, arriva Lucius Modestus, l'architetto dell'antica Roma che ha stregato gli spettatori giapponesi

La locandina di Thermae Romae
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Martedì 1 Luglio 2014, 20:46 - Ultimo aggiornamento: 4 Luglio, 15:41
E' nelle sale da qualche giorno il film che ha sbancato i botteghini giapponesi: Thermae Romae, ispirato a un popolarissimo fumetto di Mari Yamazaki, diretto da Takeuchi Hideki e interpretato dal superdivo nipponico Abe Hiroshi. Il film, girato a Cinecittà e nei dintorni di Roma, è una commedia che, tra gag e frasi in latino, ha per protagonista un personaggio interpretato da Hiroshi: si chiama Lucius Modestus e fa l'architetto dell'antica Roma specializzato nella costruzione di terme. Lo abbiamo intervistato.



Come ti sei preparato per entrare non solo nei panni di un occidentale, ma addirittura di un antico romano?

«Il ruolo di Lucius Modestus l’ho sempre pensato cucito addosso a qualche attore europeo, è ovvio, perciò ti lascio immaginare il mio stupore appena ho scoperto che mi sbagliavo. Come prima cosa, mi sono iscritto a uno sport club, ho portato il manga di Yamazaki Mari al personal trainer e gli ho detto: "Hai un mese di tempo per darmi un corpo da romano: guarda quello di Lucius". Il resto l’hanno fatto il regista, i truccatori e i costumisti, anche se non è che di costumi ne indossi poi tanti nel film: sono praticamente sempre nudo o in ammollo dentro qualche vasca».



Qual è stato il tuo impatto con l'Italia e, in particolare, con Roma? Avevi già visitato il nostro Paese, prima di trasformarti in un cittadino italiano ad honorem?

«In Italia c’ero già stato vent’anni fa, per un programma televisivo. In quell’occasione un artigiano mi ha insegnato come ci si fabbrica da soli un paio di scarpe e ho pure scoperto la bontà del vostro cibo. Roma, poi, è davvero meravigliosa: al posto dell’aria ci si respira Storia, quella con la esse maiuscola».



Una parte di Thermae Romae è stata girata negli studios italiani più gloriosi, quelli di Cinecittà, dove tutti i giganti - da Fellini a Leone - hanno scritto la storia del nostro cinema. Che sensazione ti ha dato, trovarti a lavorare là?

«Per me, per il regista e per tutta la sezione giapponese dello staff è stata una motivazione fortissima: ci siamo sentiti davvero onorati e, non lo nascondo, anche emozionati. Il set, poi, era così immenso che abbiamo pensato: "Nessuno ci crederà mai, quando diremo che non c’è lo zampino della computer grafica". E l’atmosfera? L’atmosfera da antica Roma era così perfetta, così speciale, che non avremmo potuto ricostruirla in nessun altro luogo al mondo».



Vuoi svelare agli spettatori italiani qualche episodio capitato sul set? Yamazaki Mari, per esempio, ha raccontato che la troupe continuava a ripetere "Hiroshi sembra un romano vero".

«Sì, confermo: è andata proprio in questo modo. Del resto, vivendo assieme dalla mattina alla sera, abbiamo creato un legame fortissimo: ci piaceva molto scherzare su chi, tra noi giapponesi, avesse le caratteristiche ideali per indossare una toga».