Italia, l'impronta di Jorginho: «Non mi sono mai pentito di aver scelto l'azzurro»

Jorgino (foto Gino Mancini)
di Ugo Trani
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Lunedì 14 Ottobre 2019, 07:30
Il suo inizio coincide con la nostra apocalisse. Jorginho diventa titolare in Nazionale proprio nella notte più amara. A Milano, il 13 novembre del 2017, la promozione di Ventura e, con lo 0-0 nel play off di ritorno contro la Svezia, la bocciatura dell’Italia. Addio mondiale, niente Russia 2018. Fuori dopo 60 anni. Spente le luci a San Siro, non la sua. Da quella sera si è preso la maglia azzurra. E se l’è tenuta stretta. Oggi è il simbolo della gestione Mancini. Ma a scegliere da che parte e con chi stare è stato lui. Quando arrivò in Veneto, da adolescente, per cominciare a giocare nelle giovanili del Verona. E nella città scaligera ha messo la firma sulla sua carriera: lì, il 2 ottobre di 7 anni fa, ottiene la cittadinanza italiana.

PRESA DI POSIZIONE
Jorge Luiz Frello Filho, 28 anni da compiere il prossimo 20 dicembre, nasce in Brasile, a Imbituba, nello stato di Santa Catarina. I primi ricami con il pallone, dunque, sulla Praja do Rosa. La sua storia, però, è qui, grazie alla famiglia paterna (Frello, appunto) che è di Santa Caterina di Lusiana, paese della provincia di Vicenza. Jorginho viene a giocare nel nostro paese. Appena prende il passaporto italiano, scarta in fretta la Seleçao, perché dice sì alla chiamata dell’Under 21 di Mangia per l’amichevole del 13 novembre 2012 contro la Spagna. Senza debuttare, però. Dovrà aspettare più di 3 anni e il primo dei suoi 4 ct: Conte, il 24 marzo del 2016, gli regalò l’ultimo minuto nell’amichevole, ancora contro la Spagna. E, a seguire, altri 23 nel test contro la Scozia. Entrò tra i pre convocati per Euro 2016, ma poi fu escluso e rimase a casa. In stand by pure con Ventura che si giocò, all’improvviso, la carta della disperazione nella sera del fallimento storico nel play off mondiale a San Siro. La Nazionale nel tunnel, lui subito fuori. «Solo all’inizio ho avuto qualche dubbio tra l’Italia e il Brasile. Ma una volta presa la decisione non mi sono pentito neanche per un secondo. Nemmeno nella notte di Italia-Svezia. Perché amo questo paese» ha raccontato nella pancia dell’Olimpico dopo aver centrato la qualificazione a Euro 2020.

GUIDA AFFIDABILE
La Nazionale, dopo l’eliminazione di 23 mesi fa, ha giocato 18 partite: 2 con Di Biagio, ct ad interim in panchina, e 16 con Mancini. Jorginho è stato titolare in 17, saltando (e per infortunio) solo l’amichevole contro gli Usa del 20 novembre 2018 a Genk (lì è partita la serie delle 8 vittorie consecutive). L’Italia dei giovani, senza alcun blocco di riferimento perché le big del campionato si esprimono in lingua straniera, ha insomma il regista brasiliano. La costruzione spetta a lui e, da dietro, a Bonucci. Sono i più utilizzati nella nuova éra, Jorginho è al top per i minuti giocati (1313). C’è del resto il suo marchio sulla traccia azzurra con cui ci presenteremo all’Europeo. L’attuale ct, più che la fisicità, premia la qualità. La svolta, giusto un anno fa. Il 10 ottobre 2018 a Genova, nell’amichevole contro l’Ucraina di Shevchenko. Quella notte viene ricordata perché fu provata la formula senza centravanti con Bernardeschi, Insigne e Chiesa nel tridente. È, invece, fonndamentale perché a Genova è nato il centrocampo azzurro: ai lati del play, ecco Barella a destra e Verattai a sinistra. Sono i titolari. Presenti in 8 partite delle 11 partite giocate dalla sera di Marassi all’ultima dell’Olimpico: la striscia d’imbattibilità con 9 vittorie e 2 pareggi, conferma la bontà del trio. A loro va aggiunto Sensi, il quarto uomo, e probabilmente Pellegrini. Chissà se si unirà pure Zaniolo, in campo nel finale contro la Grecia.

TIRATORE SCELTO
Mancini, insomma, consegna l’Italia a Jorginho, l’ultimo (insieme con Emerson, l’altro brasiliano del gruppo che attualmente è infortunato) ad aver alzato un trofeo continentale. Ha conquistato a fine maggio l’Europa League con il Chelsea, dove lo ha voluto il suo maestro Sarri che, nel Napoli, lo rivalutò dopo l’esperienza negativa con Benitez in panchina. In azzurro è anche il rigorista. Gli unici gol in Nazionale sono proprio le 3 trasformazioni, tra l’altro decisive, contro la Polonia nella Nations League (1-1), contro la Finlandia (1-2) e la Grecia (2-0) nelle ultime 2 gare delle qualificazioni europee. In carriera sono 15 su 16. Ininfluente l’unico errore, perché poi segnò sulla respinta di Scuffet firmò il successo in trasferta contro l’Udinese il 26 novembre del 2017. Mese horribilis per noi, non per lui.
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