Roma, i ragazzi del Giulio Cesare 62 anni dopo: «Eravamo quelli della terza H»

Cena compagni di classe al Giulio Cesare 62 anni dopo
di Maria Lombardi
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Domenica 13 Ottobre 2019, 11:12 - Ultimo aggiornamento: 16 Ottobre, 21:06

«Allora, tutto organizzato. Ci vediamo alle otto. Solita pizzeria». «Ma ci saranno anche le ragazze?». Lia, Vanna e Sandra, le ottantenni della terza H. Lia Ceroni e Vanna Castoldi erano sedute nello stesso banco, Sandra Perugini al primo, «era la più bella, bravissima in francese», Paolo Grippo e tutti gli altri, maturità classica al liceo Giulio Cesare nel 1957, adesso lo confessano: la corteggiavano tutti, fin troppo discreti, lei non capiva. «Ma non è vero che ero la più bella. Eravamo tutte molto carine e semplici». Con i grembiuli neri e le calze chiare, in posa nella foto di classe, e loro, i compagni, in giacca e cravatta: fermi, un sorriso, clic. E adesso quella foto di 62 anni fa è sul tavolo, in pizzeria. Paolo ne ha fatte 14 copie, quanti sono i “reduci” del liceo Giulio Cesare. «La vedi Giovanna accanto a Gaucci? È la prova: lo sapevamo tutti che vi piacevate». «Una cotta segreta», si schernisce Vanna.
 

 

 
Si scherza e si ride ancora. Sull’esame di francese di Masini, «la professoressa lo promosse dopo un esame disastroso. E lui: grazie grazie. Almeno dillo in francese. Professoressa, gras gras». Sulla prof Caterina Accardo di greco e latino che li chiamava «lazzaroni». Sui filmini che Paolo girava di nascosto con una macchina da presa da 8 millimetri durante le lezioni, «era di mio padre». Sulle gite che Fabio Vezzi organizzava al Terminillo o a Pompei per fare un po’ di soldi, «mica c’era la paghetta», ci andava anche il prete così i padri delle femmine si convincevano che era un’iniziativa di «provata moralità». E Fabio ci guadagnava.
I maturi della sezione H, quante storie. E si ritrovano ancora, a distanza di anni, un appuntamento con i ricordi sempre più ravvicinato, «sentiamo il tempo scappare». Donatella non è potuta venire alla riunione dei compagni e telefona dalla Sardegna, «peccato che non ci sei, perché qui il rischio è forte, lo sai, no?». E si ride anche degli acciacchi e della paura degli anni, «ci teniamo su con gli spilli, ma ci teniamo».
 
Massimo Galimberti è arrivato da Madrid per la cena della terza H, Vanna da Terni, Fabio Vezzi da Milano. Accanto al tavolo della pizzeria, un giradischi a 78 giri con un vinile di Don Cornell, “Hold my hand” (1954). «La musica che ascoltavamo». Le tracce della maturità, chi se le ricorda? Paolo ha pensato anche ai ritagli di giornale con i temi di quell’anno: “La luce del Paradiso”, e poi “Navighiamo, viaggiamo, voliamo: conoscendoci vivremo meglio”, si parlava di mare, ovviamente. 

Massimo Galimberti, tra i più bravi. «Era il genio della classe, media del 7, 7 e mezzo. Mica mettevano i voti di adesso». È diventato fisico, ha girato il mondo, Brasile, Londra, Parigi. «Io ero il più immaturo di tutti», Guglielmo Mariani da studente somaro a professore di ematologia, scrittore, insegna ancora a Londra.
Enrico Marotta, anche lui tra i migliori, magistrato della Corte dei Conti in pensione. «Io e Marcello siamo stati insieme dalla seconda elementare», il dottor Pardo Sabelli, che è stato anestesista al San Giovanni, e Marcello Reggi. Paolo Faloia ambasciatore a Praga, Fausto Tortora architetto e poi capoufficio studi Acli. Sandra, biologa ricercatrice e poi insegnante, come Vanna. «Ma vi ricordate Pellegrini? Quando arrivava con la motocicletta e il maglione bianco? Tutti lo invidiavano». «E il professor Petrucci? Aveva fatto la guerra ed era stato ferito alle chiappe. Arrivava in classe con il cuscino». «Certo che l’avevano ferito alle chiappe. Scappava...». Alla prossima, amici. E mi raccomando ragazze, anche voi.

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