L’EMBARGO
È bastato che l’Arabia Saudita, il Bahrain e altri paesi limitrofi proclamassero l’embargo, perché questo lembo di terra desertica - 2 milioni e mezzo di abitanti, di cui solo il 10% indigeni – diventasse un cantiere a cielo aperto. Solo per costruire gli otto stadi e i 32 centri di allenamento sono stati stanziati 6,5 miliardi di dollari e assunti 27mila operai. Due strutture sono già ultimate, tra cui il Khalifa, nelle altre i lavori continuano senza sosta. Si giocherà dal 21 novembre al 18 dicembre, quando la temperatura esterna oscilla tra i 14 e i 26 gradi, ma sette impianti saranno dotati di aria condizionata, che sugli spalti sarà sparata a 22 gradi e sull’erba a 26. Nessuna incidenza sul movimento della palla, poiché il flusso di aria sarà ad onda rovesciata, muovendo dal tetto verso il prato. L’altro elemento innovativo è la modularità degli impianti: alla fine della rassegna la capienza sarà ridotta per renderla compatibile con le esigenze dei club locali. Uno stadio, quello di Ras Abu Aboud, sarà smontato e i vari pezzi riutilizzati. Per avere un’idea di ciò che sarà, occorre salire al quarantesimo piano della Bidda Tower dove, oltre a una visione mozzafiato dello skyline lungo il Golfo Persico, si può studiare la mappa degli impianti: la distanza massima è di 55 chilometri, quindi uno spettatore potrà assistere nello stesso giorno a più partite. Gli stadi avveniristici arriveranno, nel frattempo si è raggiunto il top dal punto di vista sanitario. All’Aspetar, clinica specializzata in ortopedia, apparecchiature sofisticate consentono agli infortunati di rimettersi in sesto. Qui sono stati curati Didier Drogba e Paolo Maldini, che c’è tornato anche col figlio. Spegnendo la sigaretta Hamad riassume in una parola quello che il Qatar intende essere: protagonista.
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