Iva: hotel e ristoranti, aliquote su una stretta da oltre 5 miliardi

Iva: hotel e ristoranti, aliquote su una stretta da oltre 5 miliardi
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Lunedì 30 Settembre 2019, 09:22 - Ultimo aggiornamento: 17:39

Roberto Gualtieri si è mostrato cauto. Il ministro dell'economia sa bene che l'aumento delle aliquote Iva è un tasto delicato. Così, intervistato ieri da Lucia Annunziata per la trasmissione «Mezz'ora in più», ha spiegato che allo studio ci sono ancora «diverse soluzioni». Il premier Giuseppe Conte sta facendo di tutto per evitare l'aumento delle aliquote. Ma la strada non sembra semplice. Il lavoro tecnico al ministero dell'Economia è in una fase avanzata. L'obiettivo è riuscire a trovare almeno 4-5 miliardi di euro dei sette che ancora mancano per coprire la manovra da oltre 30 miliardi alla quale sta lavorando il governo.

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Per adesso l'ipotesi più accreditata resta un aumento di due punti dell'aliquota del 10% dell'Iva. Il prelievo, insomma, passerebbe al 12% su un lungo elenco di beni e servizi: dagli alimentari, come carne e pesce, alle bollette dell'energia elettrica e del gas, alle costruzioni e ristrutturazioni edilizie, fino ai ristoranti e agli alberghi.


I SETTORI
In realtà, per questi ultimi due settori, allo studio del governo ci sarebbe anche un passaggio di scaglione. Cene, pranzi e pernottamenti, potrebbero passare dall'attuale aliquota del 10% direttamente a quella del 22%. Una deportazione che consentirebbe, secondo le simulazioni, un maggior gettito di un paio di miliardi per lo Stato. Beni di prima necessità, come quelli alimentari, potrebbero essere invece spostati allo scaglione inferiore, quello del 4%, evitando in questo modo i rincari. Se da un lato c'è il bastone dell'aumento dell'Iva, dall'altro il governo è pronto ad inserire nel decreto fiscale che dovrebbe vedere la luce la prossima settimana, la carota del cosiddetto «cashback», la restituzione fiscale del 3% su ogni acquisto tassato ad aliquota maggiorata per chi paga utilizzando un mezzo tracciabile come il bancomat o la carta di credito.

Non si tratterebbe però, di una restituzione di Iva, ma di uno sconto fiscale di diversa natura, molto probabilmente una detrazione Irpef simile a quella oggi in vigore per le ristrutturazioni edilizie o per quelle energetiche. L'intenzione sarebbe quella di restituire mensilmente (e non annualmente come accade invece per le ristrutturazioni) l'importo dello sconto, anche se per farlo servirà un collegamento tra le spese effettuate e il cervellone dell'Agenzia delle Entrate attraverso il codice fiscale.

La caccia alle risorse non si limita tuttavia soltanto all'Iva. Il governo ha allo studio anche una revisione complessiva delle detrazioni e delle deduzioni fiscali. Si tratta degli sconti del 19% che il Fisco riconosce su spese mediche, farmaci, rette degli asili, delle università, sulle spese veterinarie, sui mutui per la prima casa e su molte altre voci. Ma anche lo sconto attualmente al 50% sulle ristrutturazioni edilizie.
 



LE IPOTESI
Le ipotesi allo studio sono diverse. Si va da un taglio lineare della percentuale di detrazione (per esempio dal 19% al 18%), dall'aumento delle franchige (per esempio sulle spese mediche sono scaricabili solo quelle oltre i 129,11 euro), fino ad una rimodulazione delle detrazioni in base al reddito dei beneficiari.

Anche in questo caso, tuttavia, si tratta di misure non semplici da implementare perché ogni modifica si tradurrebbe, di fatto, in un aumento delle tasse per una fetta di popolazione. Quasi certo, invece, è un intervento sulle cosiddette «Sad», il sussidi ambientalmente dannosi. Nella prima versione del decreto ambiente, poi modificata, era spuntato un taglio lineare che avrebbe consentito al governo di recuperare quasi 2 miliardi di euro. Ma al prezzo di dover aumentare il costo, per esempio, del diesel alla pompa o del carburante per gli agricoltori, che tra l'altro hanno già protestato con il governo.
 

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