Mywelfare tra pubblico e privato
Previdenza, il domani è adesso

Mywelfare tra pubblico e privato Previdenza, il domani è adesso
di Osvaldo De Paolini
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Mercoledì 25 Settembre 2019, 06:18 - Ultimo aggiornamento: 09:50

Sostenibilità, economia circolare, difesa dell’ambiente. E poi previdenza, cura del benessere personale a casa e in azienda, in un continuum che prova a conciliare lavoro e vita privata nel rispetto di sé e dell’ambiente che ci circonda. Di questi ultimi argomenti si parla ancora poco, ma troppi segni dicono che stanno prepotentemente imponendosi tra le novità della rivoluzione culturale che stiamo vivendo. Una volta era solo protezione sociale. E bastava. Oggi, senza che Bismarck o Beveridge se ne abbiano a male, la protezione sociale non basta più. Anche se ce n’è un bisogno crescente. Accompagnare la vita delle persone dalla culla alla tomba (solo un inglese non avrebbe avuto pudore nell’accostare la culla al luogo di fine vita) è un obiettivo persino eccessivo. Ma l’attenzione al presente si è gonfiata talmente che la pensione (non la tomba!) è diventata un orizzonte persino troppo ambizioso. Si guarda alla salute, bene sacrosanto. All’inclusione, obiettivo necessario. Al benessere, condizione sempre più ambita nella vita precaria e discontinua che non caratterizza più solo il lavoro, ma l’intero reticolo delle relazioni umane. Una deviazione solo italiana? Forse, abituati come siamo a quella via del Welfare State che non a caso viene detta “all’italiana”, o “mediterranea”. Una sorta di “comunismo familiare”, dove la famiglia ha sempre rappresentato l’essenziale ammortizzatore sociale nel tempo e nello spazio. Il massiccio spostamento di risorse sulla pensione e sugli anziani ha permesso alle giovani generazioni di casa nostra di non percepire – se non di fronte a una crisi drammatica e planetaria, come quella iniziata nel 2007 – l’urgenza di un welfare da costruire, con le proprie mani, con i propri contributi, con il proprio lavoro. Solo quando il lavoro è cominciato a mancare si è avuto il risveglio brusco da un sonno ipnotico dove la realtà era assente da tempo. Sicché ora il nostro primo pilastro – pensioni e sanità – è talmente ingombrante, che vagheggiare di un secondo sembra fantasia. Invece è diventato emergenza. Perché le risorse pubbliche sono diminuite e soprattutto perché nessuno accetta più di essere omologato o ridotto ai bisogni dell’altro.
L’individuo è rimasto, scalfito, abraso, malconcio forse, ma irriducibile di fronte a ogni pretesa familistica, paternalistica o statalistica (che poi è un po’ lo stesso). E oggi vuole ripartire da sé. Vuole rivendicare il centro della scena. E dei servizi. Vuole avere più protezione, più benessere, più inclusione. Ma soprattutto vuole scegliere. Miracolo dei social network. E tuttavia per scegliere deve poter contare su nuovi e solidi intermediari. Deve poter contare su imprese efficienti, innovative, solerti nel comprenderlo.

Perché il “Mywelfare” non può essere un “welfare fai da te”. Deve contare su soluzioni collettive per poter risolvere meglio i problemi individuali. In famiglia, in azienda, nell’attività lavorativa. E’ il nuovo welfare, bellezza!

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