Bankitalia: investimenti, costo del lavoro e fusioni bancarie, ecco la ricetta per il Sud

Bankitalia: investimenti, costo del lavoro e fusioni bancarie, ecco la ricetta per il Sud. Nella foto Fabio Panetta
di Jacopo Orsini
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Domenica 22 Settembre 2019, 16:07 - Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 18:39

La questione meridionale, di cui si parla dai tempi dell'unificazione, resta «il problema irrisolto dell'economia italiana». E se il Mezzogiorno non verrà portato su un sentiero di crescita robusto e duraturo «non ci potrà essere vero progresso» per il Paese. A rimettere in primo piano il nodo cruciale dello sviluppo del Sud è il direttore generale della Banca d'Italia, Fabio Panetta. L'occasione è l'inaugurazione ieri a Foggia dello stabilimento della Valoridicarta, società che produce carte filigranate anticontraffazione per banconote e documenti, partecipata dal Poligrafico e dall'istituto centrale.

«Nelle regioni meridionali il Pil pro capite è la metà di quello del Centro Nord - evidenzia Panetta nel suo intervento - la disoccupazione è prossima al 20%, il doppio di quella del resto del Paese. Le disuguaglianze e l'incidenza della povertà sono ampie. La dotazione infrastrutturale e la qualità dei servizi pubblici essenziali sono insoddisfacenti». Un ritardo, scandisce il direttore generale di Bankitalia, «inaccettabile e ingiustificabile». Una situazione, prosegue, che costituisce un problema «per tutta l'economia nazionale: un Mezzogiorno stagnante comprime il mercato domestico, a danno anche dell'economia del Centro Nord».




Per «debellare un sottosviluppo ultradecennale», far crescere l'economia e ridurre l'enorme numero di ragazzi senza posto (circa 1,7 milioni di giovani meridionali non lavorano né accumulano conoscenze) serve una spinta forte e duratura, dice Panetta, che individua due strade per invertire la tendenza: taglio del costo del lavoro e investimenti pubblici, in particolare per le infrastrutture. Oltre a interventi per l'innovazione, il potenziamento del capitale umano, magari prevedendo una specifica dotazione per gli atenei del Sud, e la valorizzazione dell'ambiente.

 



«La via maestra per sostenere l'occupazione è una riduzione del costo del lavoro da attuare nel rispetto degli equilibri delle finanze pubbliche», spiega Panetta insistendo in particolare sul taglio del cuneo fiscale, la differenza tra quanto costa un lavoratore all'azienda e i soldi che il dipendente prende in busta paga. «È possibile - prosegue - prevedere duraturi sgravi fiscali e contributivi per le categorie di lavoratori deboli e marginalizzate, come giovani e donne, e per i salari bassi, diffusi al Sud». Ma secondo Panetta per il Mezzogiorno è soprattutto «necessario modificare la convenienza del fare impresa abbassando l'intera struttura dei costi invece di operare con misure che incentivino soltanto nuove assunzioni». Magari, aggiunge, riaprendo «in sede europea la discussione sulla fiscalità di vantaggio per le regioni in forte ritardo di sviluppo».

«Le nostre stime - rileva ancora l'esponente di Via Nazionale - indicano che un aumento degli investimenti pubblici accompagnato da misure volte a ridurre il costo del lavoro rafforzerebbe l'aumento dell'occupazione rispetto a quanto ottenibile agendo sui soli investimenti». E per quanto riguarda il Mezzogiorno la Banca d'Italia stima che un incremento degli investimenti pubblici pari all'1% del suo Pil per un decennio, ossia 4 miliardi annui, «avrebbe effetti espansivi significativi per l'intera economia italiana». Anche le regioni settentrionali insomma ne beneficerebbero, puntualizza Panetta, avvertendo però che i soldi oltre che spenderli «occorre anche spenderli bene», evitando le tante opere incompiute del Meridione.

C'è infine il nodo del finanziamento delle imprese, spesso altamente indebitate e dipendenti dalle banche. Un sistema efficiente è fondamentale per il Mezzogiorno, dove «l'accesso al mercato creditizio è meno agevole» e il costo dei prestiti è più elevato rispetto alle altre aree del Paese. Gli istituti rimasti nel Meridione, di «dimensioni ridotte», devono quindi fondersi per «realizzare economie di scala e di diversificazione» e per «mettere a fattor comune le conoscenze sull'economia reale». L'obiettivo di via Nazionale non è comunque di «ricreare banche del territorio, i cui limiti sono apparsi evidenti con la crisi». La sfida è invece dar vita a intermediari efficienti, in grado di sfruttare le nuove tecnologie e fornire adeguata assistenza alle imprese del Sud.

 

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