«Produzioni agricole a rischio flop se non c'è l'aiuto della chimica»

«Produzioni agricole a rischio flop se non c'è l'aiuto della chimica»
di Carlo Ottaviano
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Domenica 22 Settembre 2019, 17:15 - Ultimo aggiornamento: 17:16

Fungicidi, insetticidi, erbicidi: sono gli agrofarmaci più in uso seppure sempre meno nell'agricoltura italiana. In alcuni ambienti, solo pronunciarne il nome equivale a scatenare guerre di religione, nonostante ormai si tratti quasi sempre di chimica di origine naturale. Per questo ad Agrofarma, l'associazione di 40 aziende del settore che assieme fatturano 800 milioni di euro con circa 2 mila addetti, hanno deciso di puntare sulla trasparenza. Intanto dei numeri. E così, un sorprendente rapporto commissionato a Vsafe dell'Università Cattolica del Sacro Cuore evidenzia che un'agricoltura «senza difesa» subirebbe una drastica riduzione di produzione, addirittura quasi azzerandosi per alcune produzioni (-81% pomodori da industria, -84% riso, - 87% mais). «Il valore triennale della produzione agricola per le filiere considerate si legge nel rapporto crollerebbe da 8,87 miliardi di euro a 2,56, con una perdita pari al 71%». È solo una stima, ovviamente, come quella sulla ricaduta nel fatturato delle industrie alimentari connesse alle filiere analizzate: da 34,8 a 7,8 miliardi di euro, con un crollo dell'export di quasi 7 miliardi e un incremento delle importazioni di 3.

I BIG DEL SETTORE
Un quadro - nella sua brutalità - estremamente negativo, presupponendo un totale divieto dell'uso degli agro farmaci. Non è peró realistica una inversione di rotta così netta. Almeno lo spera Alberto Ancora, 53 anni, pugliese, presidente di Agrofarma (una delle 17 associazioni di Federchimica). «Il nostro impegno spiega è valorizzare la cultura dell'agrofarmaco, come una realtà necessaria per un'agricoltura moderna e produttiva, perché diamo una risposta decisiva alla crescente domanda mondiale di cibo e rappresentiamo uno strumento fondamentale per la tutela della sicurezza alimentare».

In Italia sono presenti - con propri centri di ricerca e di produzione - multinazionali come Syngenta, Bayer, Basf. Tra i 20 big mondiali del settore c'è anche la lombarda Sipcam Oxon, nata nel 1946, con un fatturato oggi che supera i 500 milioni di euro. In forte crescita anche Isagro (153 milioni di giro d'affari nel 2018), quotata nel segmento Star della Borsa di Milano. «Siamo convinti afferma Ancora di essere un'eccellenza a livello internazionale». Per dimostrarlo Agrofarma, cita l'ultimo rapporto annuale del Ministero della Salute sui residui di fitosanitari negli alimenti: il 99,2% delle decine di migliaia di campioni analizzati (principalmente ortofrutta, cereali, olio, vino) sono assolutamente puliti. «Bisogna distinguere fra scienza e percezione», afferma il presidente di Agrofarma. «Non sempre aggiunge - i dati scientifici corrispondono a una corretta percezione del settore da parte dell'opinione pubblica, quando invece l'utilizzo degli agrofarmaci tutela le piante ed è fondamentale per evitare le contaminazioni».

Tema quanto mai attuale in riferimento al dramma economico causato dalla xylella negli uliveti in Puglia e dalla cimice asiatica nei frutteti del Nord. «Le specie aliene come queste secondo Ancora possono arrivare con le derrate alimentari o per esempio col le piante ornamentali. Serve un approccio il più ampio possibile e multidisciplinare». Eppure il tabù resta e anche al tavolo convocato per mercoledì al Ministero dell'agricoltura sull'emergenza cimice i rappresentanti industriali non ci saranno. «Ci piacerebbe poter anche dire la nostra sulle nuove norme sul biologico in discussione in Parlamento», afferma Ancora. «Per noi non c'è contrapposizione tra biologico e integrato. L'importante è che l'approccio si basi su scienza e ricerca».

 

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