Fonseca, il bello della nuova Roma

Dzeko e Fonseca (foto Gino Mancini)
di Ugo Trani
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Martedì 17 Settembre 2019, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 11:41
Il timbro di Paulo Fonseca stampato sul primo successo della Roma in campionato. Che è anche il primo ufficiale per il portoghese da quando è sbarcato nella Capitale. Il suo stile di gioco, con il 4-2-3-1 che non ha mai pensato di rinnegare sul nascere della nuova stagione, appare in campo e non solo nell’idea. E coincide con il comportamento dei giallorossi, più organizzati e disciplinati in partita. Più squadra. Mosse studiate anche in funzione del collega De Zerbi, qualcuna non annunciata e per questo decisiva. Strategia, dunque, mirata a disintegrare tatticamente il Sassuolo. Senza, però, riscrivere il copione che ha trasferito direttamente da Donetsk a Trigoria la scorsa estate. E che ha convinto i giocatori, come ha raccontato, dopo la vittoria di domenica pomeriggio, Edin Dzeko, il leader riconosciuto dello spogliatoio. Loro hanno sposato il nuovo corso.

MESSAGGIO DAL DERBY
La svolta subito dopo il pari contro la Lazio. E a caldo, già nello spogliatoio dell’Olimpico. E’ stato proprio il centravanti giallorosso a dare certezze al management di Pallotta. Dzeko ha garantito per Fonseca e per i compagni. «Faremo una grande stagione» la sintesi del suo discorso, durante il quale ha insistito sul ricettività del gruppo che, dal primo giorno di lavoro durante la preparazione estiva, ha seguito alla lettera il portoghese, disponibilità confermata dal carattere che i singoli hanno mostrato contro la squadra di Inzaghi. Questo l’1 settembre. Perché, otto giorni dopo, si è mosso pure Petrachi. E’ stato lui stesso a rivelarlo. Il 9 settembre il ds ha parlato con l’allenatore. E, girandogli indirettamente il pensiero di Dzeko e dei giocatori, gli ha dato la spinta definitiva per insistere sulla sua traccia. Fonseca, per la verità, non ha mai pensato di cancellare i due mesi di lavoro e quindi di virare dopo i 2 pari consecutivi. Ha solo preparato qualche correzione.

AGGIUSTAMENTO IN CORSA
La Roma è ripartita con l’ingresso di Veretout e Mkhitaryan, rinforzi tra l’altro su misura per il sistema di gioco del portoghese. I nuovi hanno però inciso proprio perché il 4-2-3-1 è stato modificato in qualche posizione. Pellegrini, protagonista assoluto contro il Sassuolo, ha legato il rombo offensivo con il centrocampo. Trequartista a 360 gradi: pressing accanto a Dzeko e regista tra Veretout e Cristante. Doppia fase. Come quella evidenziata dal sacrificio di Mkhitaryan e di Kluivert al momento di rientrare in linea con i mediani. Ma il baricentro non si è mai abbassato verso Pau Lopez. Reparti stretti per anestetizzare il possesso palla del Sassuolo. I concetti, quindi, sono rimasti gli stessi pre-derby: aggressione alta e squadra corta. Poi, interventi semplici. Un terzino che va e l’altro che aspetta, come fanno diversi colleghi. Se non si fosse fatto male Zappacosta, nel riscaldamento prima di affrontare la Lazio, avremmo visto l’alternanza con una partita di anticipo. Kluivert, titolare per il terzo match di fila, il tocco d’autore per andare in profondità e lasciare il palleggio a Mkhitarian sulla fascia sinistra. Lo spessore di Veretout, con corsa e sostanza, ha intanto favorito il decollo di Cristante, più play del partner. Recita, insomma, con più equilibrio. Le due reti prese sono arrivate per stanchezza e rilassatezza. Dietro, comunque, linea ancora da registrare. Davanti, 8 gol in 3 partite e con 6 giocatori diversi, ogni soluzione è invece buona per far centro: da corner o da punizione, direttamente da calcio da fermo (rigore compreso) o da fuori area, con il tap in o il colpo di testa. O semplicemnte in contropiede. Senza o con Zaniolo, bravo e concentrato anche da dodicesimo uomo (e nonostante l’esclusione). C’è solo l’imbarazzo della scelta.
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