Il Festival del cinema di Duhok svela il volto nuovo del Kurdistan

Il Festival del cinema di Duhok svela il volto nuovo del Kurdistan
di Elena Panarella e Rossella Fabiani
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Mercoledì 11 Settembre 2019, 18:11 - Ultimo aggiornamento: 18:12

Al via il Festival internazionale del cinema di Duhok, città curda nel nord dell’Iraq. Giunto alla sua settima edizione, quest’anno il festival, che si concluderà il 16 settembre, ha scelto come tema la coesistenza. Che ritorna anche nel motivo stilizzato che appare sul poster della kermesse cinematografica che rappresenta un tappeto tradizionale curdo in cui convivono una diversità di colori e motivi. 
 

 

«Il tema riflette un importante aspetto della storia del Kurdistan e rivela chi siamo: un popolo tollerante e pacifico», ha detto il primo ministro della regione del Kurdistan iracheno, Masrour Barzani. E il festival stesso è un evento importante nella storia recente del Kurdistan. Nato nel 2011 quando la regione curda dell’Iraq ha rafforzato la sua autonomia con la nuova struttura federale del Paese, nel 2014 – nel pieno del conflitto scatenato dall’Is proprio in questa regione – non fu organizzato per gli evidenti problemi di sicurezza e adesso ha ripreso tutto il suo slancio a dimostrazione di quanto sia grande la voglia di tornare a una vita normale in cui anche l’arte e, perché no, il cinema, hanno il posto che meritano. La cerimonia di apertura – che si è tenuta nel palazzo delle conferenze dell’Università di Duhok che si affaccia su una collina da cui domina la valle – ha visto l’esibizione dal vivo di uno dei più famosi compositori curdi, Dilshad Said, profondo conoscitore della musica kurmaji che con il suo violino ha commosso tutto il pubblico presente in sala. 

Anche il ministro della cultura del Krg (governo regionale del Kurdistan), Hama Saeed, che ha partecipato alla serata indossando il vestito tradizionale curdo, ha sottolineato la necessità di eventi come questo per la ricostruzione della società perché «l’arte è il frutto dell’anima». Ma soprattutto perché «nonostante le tante difficoltà questo festival vuole continuare a esistere per sostenere la cultura e la lingua curda e per dimostrare la buona volontà della regione di abbracciare la bellezza e la diversità di vedute e di idee», ha detto il governatore della città di Duhok, che è anche presidente del festival, Fareed Ameen Atrushi. 

«Organizzare un festival del cinema come questo, che comprende una vasto panorama di culture e di storie serve anche a rafforzare le voci e le storie non raccontate», ha sottolineato il direttore del festival, Shawakat Amin Korki. E non è un caso che il film di apertura – “Camion” del regista curdo iraniano Kambozia Partovi – affronti la tragedia del popolo yazida, minoranza di fede pre-islamica che è stata perseguitata dal’Is. Regista e sceneggiatore pluripremiato, Partovi ha vinto il premio Unicef per “The Fish” ed è stato nominato per l’Orso d’oro per il suo film “Closed Curtain” alla Berlinale. Con “Camion” dà voce a una donna yazida sopravvissuta al genocidio compiuto dall’Is e costretta a lasciare il suo villaggio per andare a raggiungere suo marito a Teheran. Per questo paga un autista di un camion che la deve accompagnare. 

Oltre al vasto cartellone internazionale, con film provenienti da tutto il mondo, dal Buthan al Kosovo, Siria, Svezia, Turchia, Ucraina, Iran, Argentina, Belgio, Germania, Finlandia, Repubblica Ceca, Australia, Svezia, Brasile, Francia, Norvegia, Macedonia, Portogallo, un’importante sezione è dedicata alla cinematografia curda che mostra i progressi del cinema in Kurdistan e mira anche a mettere in luce i film curdi nel panorama cinematografico mondiale. Si concentra sia sui nuovi film prodotti nelle quattro parti del Kurdistan (Iran, Iraq, Siria e Turchia), sia sui film provenienti dall’estero, compresi quelli realizzati da registi curdi che vivono in diaspora.

In programma anche tre film italianiIl Corpo della Sposa (Flesh Out)” di Michela Occhipinti, “La Scomparsa di Mia Madre” di Beniamino Barrese, un’intensa testimonianza sulla madre del regista, la modella, giornalista e docente Benedetta Barzini, entrambi in concorso, e “Che fare quando il mondo è in fiamme?” di Roberto Minervini nella sezione visione del mondo. Dieci i film in concorso nella sezione internazionale, tra i quali l’ucraino “My thoughts are silent” diretto da Antonio Lukich e prodotto da Dmitry Sulkhanov, “Aga’s house” della regista kosovara Lendita Zeqiraj, “Brothers” del regista turco Omur Atay, “Gold runner” del regista iraniano Touraj Aslani e “The day I lost my shadow” della regista siriana Soudade Kaadan; dieci i documentari tra cui “Cornered in Molenbeek” del regista curdo-belga Sahim Oman Kalifa e dieci i corti tra cui “Salt, pepper to taste”, del regista azerbaigiano Teymur Hajiyev. 

Sempre in concorso ma nella sezione cinema curdo sei film tra cui “Xalko” di Sami Mermer e Hindi Benchekroun che racconta la storia del villaggio dove è nato Mermer, Xalko, uno dei pochi villaggi curdi esistenti in Anatolia, nella Turchia centrale, “Dayan” di Behrouz Nooranipour, sulla storia di quattromila rifugiati separati dalle loro famiglie dall’altra parte dei confini, e “Believe” di Parniya Kazemipoor; sei documentari, tra cui “Zhirleh”, di Bahar Rouhani, sulla storia di un villaggio curdo in Iran che dà il titolo al documentario, “Humanist” di Karem Tekoglu e “Every house is a school” di Ardin Diren e dodici corti tra cui “The mandarian tree” di Cengiz Akayguen. Sedici i film fuori concorso nella sezione cinema curdo mentre il focus quest’anno è dedicato al cinema arabo con 18 film tra cui un omaggio al maestro del cinema egiziano Youssef Chahine con il film “Alexandria why?, il film “Divine Intervention” del regista palestinese Elia Suleiman, “Capernaum” della regista libanese Nadine Labaki e “The night” del regista siriano Mohamad Malas. Nella sezione visione del mondo cinque film, sei documentari e nove corti tra cui il film “A burning season” di Andrew Kabbe e “Ayka” di Sergei Dvortsevoy selezionato per la palma d’oro lo scorso anno. 

Un festival unico in questa regione che è anche una fucina per nuovi talenti e un luogo di incontro per registi emergenti, dove la cultura antica si collega con la cultura moderna e il panorama cinematografico curdo con il cinema mondiale.
Non solo. Il Duhok International Film Festival – che è organizzato in collaborazione con la Mitosfilm di Berlino – vuole creare anche una piattaforma di lancio per i film del Kurdistan offrendo l’opportunità di esplorare un terreno che si apre nel cinema contemporaneo portando – e se possibile esportando - le immagini, i miti e le storie del Kurdistan e della sua millenaria cultura.

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