Manovra, si tratta con la Ue sulla flessibilità: dal deficit almeno 12 miliardi

Manovra, si tratta sulla flessibilità: dal deficit almeno 12 miliardi
di Andrea Bassi e Michele Di Branco
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Sabato 7 Settembre 2019, 07:31 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 14:20

Il tempo stringe. Il neo ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, ormai è già impegnato a tempo pieno al Tesoro. Ieri ha visto il premier Giuseppe Conte per fare il punto sulle prossime tappe, che appaiono forzate, per arrivare alla manovra. Il percorso sarà condiviso. A Palazzo Chigi, per discutere delle questioni economiche, nascerà una sorta di cabina di regia politica, della quale faranno parte oltre a Conte e Gualtieri, anche Luigi Di Maio e Dario Franceschini.

Manovra da 35 miliardi, stretta sugli incentivi: il deficit ancora in calo

Un modo non solo per coordinare il lavoro, ma per avere un controllo reciproco sui dossier più scottanti. La prima tappa di avvicinamento alla manovra, sarà quella che lo vedrà impegnato Gualtieri venerdì e sabato della prossima settimana prima all'Eurogruppo e poi all'Ecofin. Un passaggio cruciale. Anche perché per scrivere la prossima legge di bilancio il governo Conte bis punta molto sugli spazi di defict che la nuova Commissione europea concederà all'Italia. Bruxelles ha già preso contatti con il Tesoro dove gli uffici tecnici da diverse settimane ragionano su tagli e coperture. Fonti alle prese con questo delicato dossier spiegano che l'Europa, a fronte di impegni chiari sulle riforme da parte del nuovo esecutivo è pronta a concedere una generosa flessibilità.

Di più: ci sarebbe già un accordo per riconoscere un margine di deficit dello 0,5% sul Pil, che andrebbe ad aggiungersi alla quota dello 0,18%, già previsto per interventi contro il dissesto idrogeologico e il Ponte Morandi di Genova, e già utilizzato lo scorso anno. Del resto il deficit indicato lo scorso aprile nel Def dal governo, è del 2,1%. Un numeretto scritto prima della manovra correttiva adottata a giugno. Adesso il deficit viaggerebbe sotto l'1,6%. Insomma, solo confermandolo al 2,1% si libererebbero le risorse necessarie. Nero su bianco i numeri saranno scritti nel quadro programmatico della prossima Nota di aggiornamento del Def, che disegnerà i confini finanziari entro i quali Gualtieri potrà muoversi. La Nota dovrà essere approvata entro il 27 settembre, ma al Tesoro sono sicuri di poter contare su almeno 12 miliardi di maggior deficit. In pratica un terzo delle coperture necessarie.
 



La manovra, infatti, dovrebbe viaggiare sui 35 miliardi. Sul lato delle risorse, il governo potrà contare anche su un risparmio della spesa per interessi (3 miliardi), su taglio delle agevolazioni fiscali (2 miliardi), e su altri 5 miliardi di tagli alla spesa già programmati dal predecessore di Gualtieri, Giovanni Tria. Quest'ultimo avrebbe anche consegnato al Colle una traccia di manovra lasciata in eredità al nuovo governo.

Il vero punto, in realtà, è un altro. Nel governo starebbe maturando la convinzione che la prossima legge di bilancio non potrà limitarsi a disinnescare gli aumenti dell'Iva del prossimo anno e che da soli valgono 23 miliardi di euro. L'eco delle campane della flat tax leghista risuona ancora forte. Il rischio è che, tolta l'Iva, i restanti soldi si disperdano in molti rivoli. Incentivi a pioggia il cui effetto faticherebbe a farsi sentire.

L'IPOTESI
Un'ipotesi sarebbe quella di concentrare tutto sul taglio del costo del lavoro. Il Partito democratico ha già un progetto pronto. Prevede il riconoscimento di una detrazione di 1.500 euro per i redditi fino a 35 mila euro (e poi decrescente fino a 55 mila euro) che si tradurrebbe in un aumento di stipendio di 125 euro al mese per i beneficiari. Il punto, però, è che questa misura riassorbirebbe il bonus da 80 euro di Renzi. Significa che per chi guadagna fino a 26 mila euro, l'aumento in busta paga si limiterebbe a 45 euro al mese. Si rischierebbe un effetto boomerang.

Al ministero ci sarebbe anche un'altra ipotesi alternativa sul tavolo e che riguarderebbe l'Irpef: un taglio di due punti delle prime tre aliquote fiscali. Quella attualmente al 23% passerebbe al 21%, quella al 27% scenderebbe al 25% e quella al 38% calerebbe al 36%. Il costo dell'operazione sarebbe di una decina di miliardi. I benefici, in questo caso, non si esaurirebbero a 55 mila euro, come nella proposta di taglio del cuneo fiscale, ma in parte arriverebbero anche alle fasce superiori di reddito. Ovviamente la scelta se proseguire sulla strada del taglio del cuneo indicata nel programma di governo, oppure se virare verso un taglio delle aliquote Irpef, sarà una scelta politica. Il confronto è appena iniziato. Il lavoro della nuova cabina di regia non sarà semplice.

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