Quei bimbi rapiti per il traffico di organi l'orrore del Mozambico che accoglie il Papa

Quei bimbi rapiti per il traffico di organi l'orrore del Mozambico che accoglie il Papa
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Venerdì 6 Settembre 2019, 09:39 - Ultimo aggiornamento: 17:00
dal nostro inviato
MAPUTO (Mozambico) Ogni sera la stessa scena. Al calar del buio, quando le strade di Beira come quelle di Maputo si fanno scure, saltano fuori a gruppi. Marmocchi sporchi, impauriti di tutto, di età dai 5 ai 14 anni. Si muovono sicuri, sanno dove possono riempirsi un po' la pancia vuota e si radunano alla spicciolata in punti prestabiliti man mano che scende l'oscurità. Si mettono in cerchio e aspettano che i volontari della comunità di Sant'Egidio e altri missionari diano loro un pasto.
PICCOLI FANTASMI
Riso, fagioli, uova, pollo, verdura. Piccoli fantasmi sconosciuti all'anagrafe, identità mai registrate da nessuno per incuria, per impossibilità, per ignoranza. Quasi tutti orfani o scappati da situazioni sgangherate. Se il loro destino non è segnato dall'Aids, ereditato nel ventre dalla mamma, tutti - ma proprio tutti rischiano ogni giorno di finire intrappolati nel fiorente traffico degli espianti di organi umani, alimentato dal diffusissimo circuito della stregoneria. Superstizioni, riti propiziatori, gesti scaramantici per ottenere una vincita, un amore impossibile, il raggiungimento di un desiderio proibito.
Se ne parla poco e con dolore, è una piaga nazionale che i missionari stanno combattendo con programmi specifici, a cominciare proprio dalla registrazione dei bambini all'anagrafe. «Se esistono ufficialmente, se il loro nome è schedato, è più difficile farli sparire, perché diventano titolari di diritti» racconta Nelson Moda, 35 anni, originario di Beira la città mozambicana su cui nel marzo scorso si è abbattutto il tifone Idai, distruggendo un territorio vasto quanto il Molise è il responsabile per la Comunità di Sant'Egidio del programma Bravo! per la registrazione dei bambini fantasma. «Quelli che assistiamo vanno dai cinque anni fino all'età dell'adolescenza, e sono soprattutto maschi. Le bambine, seppure in minoranza, hanno subito di più: in genere violate e quasi sempre sieropositive. Sebbene non esistano contabilità precise, il numero dei bimbi di strada in tutto il Mozambico si calcola in migliaia. Solo nel nostro centro di Beira, le bambine (tutte ammalate di Aids) sono una cinquantina su un totale di 800 bambini maschi».
BIMBI DI STRADA
Nelson spiega come si forma questo fenomeno. «I piccoli che vivono in strada hanno due origini. Ci sono quelli che a causa del conflitto o dell'Aids hanno perduto le famiglie e non hanno più nessuno che si occupi di loro, oppure quelli che si sono allontantati da casa per sfuggire a violenze. La debolezza delle istituzioni mozambicane non aiuta a trovare risposte ad una situazione purtroppo molto diffusa. Un censimento, come si è detto, non è possibile, l'orrore si simula in stime.
Stime altissime. «Solo a Maputo, la capitale, sono in migliaia. Abbiamo anche notizie di bambini spariti, rapiti naturalmente, di cui nessuno si è accorto perché non hanno identità anagrafica. Io li chiamo bambini scartati. Il business della stregoneria è diffuso, più diffuso di quanto non si possa immaginare».
L'argomento tabù è stato al centro di uno studio di una missionaria scalabriniana brasiliana che lavora da anni in Mozambico, Marines Biasibetti, segretaria della commissione episcopale per i migranti (Cemirde). Racconta che dai campi profughi allestiti a marzo vicino a Beira dopo il tifone sono spariti tanti bambini. Erano nel target di trafficanti dei organi non solo per gli espianti da vendere per i trapianti, ma anche per gente che chiede il cuore, il fegato di un bambino solo per superstizione: le credenze popolari più oscure considerano gli organi di un bambino come potenti antidoti contro la malasorte.
Al centro del viaggio africano del Papa resta ben presente il futuro dei giovani ai quali ieri mattina ha chiesto di non abbattersi. «Rassegnazione e ansia sono grandi nemiche della vita perchè di solito spingono su un percorso facile ma di sconfitta. Non va bene darsi per vinti». Il modello da seguire è Eusebio da Silva, la pantera nera, il grande giocatore mozambicano. Lui sì che ha imparato a non rassegnarsi.
Franca Giansoldati
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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