Silvia Romano portata in Somalia dopo il rapimento in Kenya nove mesi fa

Silvia Romano
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Venerdì 30 Agosto 2019, 15:11 - Ultimo aggiornamento: 16:17

Dal Kenya alla Somalia: Silvia Romano, la cooperante italiana rapita il 20 novembre scorso potrebbe essere stata portata in Somalia subito dopo il sequestro. È quanto emerge dagli sviluppi dell'inchiesta della Procura di Roma, coordinata dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco. Elementi emersi dopo il terzo incontro tra investigatori, avvenuto in Kenya, e a cui hanno partecipato i carabinieri del Ros. Nelle scorse settimane era emerso che la cooperante era ancora in vita il giorno di Natale.


Silvia Romano era viva a Natale, vertice tra inquirenti di Italia e Kenya

Gli elementi che fanno propendere per un trasferimento in territorio somalo sono legati al fatto che, in base a quanto accertato dagli inquirenti, prima e dopo il sequestro ci sono stati contatti telefonici tra gli autori materiali del rapimento e la Somalia.

 



Altro elemento acquisito è che si è trattato di un sequestro su commissione e che i mezzi (armi e moto) di cui erano dotati i rapitori (un gruppo composto da otto persone) sono giudicati da chi indaga «sproporzionati» rispetto al livello medio delle bande criminali kenyote. Infine la fuga, dopo che Silvia era stata prelevata in un centro commerciale nella città di Chacama, a circa ottanta chilometri dalla capitale Nairobi, è avvenuta in direzione della Somalia.

Il confronto tra investigatori va avanti da settimane e punta ad accertare se la ragazza italiana è ancora in vita e a chiarire le dinamiche che hanno portato al suo sequestro per mano di una banda di almeno otto persone di cui tre fermati nei mesi scorsi. Proprio oggi i tre sono tornati in carcere su disposizione della Procura generale del Kenya che gli contesta l'aggravante del terrorismo. Alla certezza che Simona fosse viva almeno fino al giorno di Natale si affianca ora la convinzione che sia stata portata in Somalia nei giorni, forse nelle ore, successive al rapimento.

Elementi emersi dopo il terzo incontro tra investigatori a cui hanno partecipato i carabinieri del Ros. Gli indizi che fanno propendere per un trasferimento in territorio somalo sono legati al fatto che prima e dopo il sequestro ci sono stati contatti telefonici tra gli autori materiali del rapimento e la Somalia. Altro elemento acquisito è che si è trattato di un sequestro su commissione perché i mezzi (armi e moto) di cui erano dotati i rapitori sono giudicati da chi indaga «sproporzionati» rispetto al livello medio delle bande criminali kenyote. Infine la fuga, dopo che Silvia era stata prelevata, avvenuta in direzione della Somalia. Risultati investigativi ottenuti anche grazie al supporto dell' intelligence italiana.

Intanto si aggrava la posizione di Abdulla Gaba Wario, Moses Luwali Chembe e Said Adhan Abdi. Nei confronti dei tre, ritenuti gli autori materiali del blitz, i giudici kenyoti contestano da oggi anche il reato di «cospirazione con finalità di commettere un atto di terrorismo» oltre al sequestro di persona e possesso illegale di armi da fuoco. I magistrati hanno disposto il carcere e contestualmente revocato la libertà su cauzione. La conferma dell'esistenza in vita di Silvia almeno fino al 26 dicembre scorso era arrivata alle autorità locali dai due arrestati. La banda, dopo avere pedinato per alcuni giorni la cooperante, l'aveva prelevata nel centro commerciale per poi cederla ad una altra banda. Secondo gli inquirenti si tratta di criminali comuni armati con fucili Ak47 e granate. L'azione è avvenuta nella contea di Kilifi: Silvia Romano è stata bloccata e, dopo averle gettato via il passaporto e il telefono cellulare, è stata fatta salire a bordo di una motocicletta e portata verso una boscaglia nei pressi del fiume Tana. Nelle prossime settimane è in programma un nuovo incontro tra investigatori dopo quello avvenuto nei giorni scorsi durante il quale le autorità kenyote hanno messo a disposizione del team di inquirenti italiani documenti, verbali e tabulati telefonici.
 

 
 

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