Omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, «Il giovane americano bendato in caserma perché dava testate»

Christian Gabriel Natale Hjorth
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Martedì 27 Agosto 2019, 16:26

Omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega. La foto di Christian Gabriel Natale Hjorth, in cui il giovane americano appare bendato in un ufficio della caserma dei carabinieri di via In Selci, a Roma, nelle ore successive al fermo per il delitto, «non doveva essere pubblicata ma era riservata ad una chat WhatsApp di soli militari dell'Arma».

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È quanto messo nero su bianco in una memoria depositata oggi a piazzale Clodio dal difensore dell'autore di quella foto, un maresciallo della Compagnia carabinieri Roma Centro e amico di Rega, indagato per rivelazione del segreto d'ufficio. In questo filone è indagato una secondo carabiniere, l'autore del bendaggio, mentre a diffondere la foto sarebbe stato un altro militare che ne sarebbe venuto in possesso pur non appartenendo al gruppo di WhatsApp e che sarebbe già stato individuato dai vertici dell'Arma.

 




L'avvocato Andrea Falcetta nel depositare la memoria ha presentato una istanza ai pm con cui chiede di sottoporre a interrogatorio il suo assistito. Nella memoria il militare ricostruisce le ore successive all'omicidio del collega, colpito con 11 coltellate da Finningan Lee Elder. Il maresciallo afferma di aver appreso della morte di Cerciello intorno alle 5.40 del 27 luglio dalla telefonata di un collega. Aggiunge di aver partecipato alle ricerche dei responsabili, su ordine del proprio comandante di Compagnia.
 
 


L'indagato spiega, inoltre, che «a caldo» si era diffusa la falsa notizia che gli aggressori fossero due magrebini, pregiudicati per droga. Quindi riferisce di come, dai minuti successivi alla morte di Cerciello, «centinaia di messaggi e di foto di pregiudicati» vennero scambiate nella chat, composta da 18 carabinieri, tra cui lui stesso: tutti carabinieri con incarichi operativi, di varie regioni italiane. Una iniziativa - ha sostenuto - presa per aiutare le indagini, fornendo gli identikit di spacciatori, scambiando dati sensibili riguardanti i possibili sospettati (ritenuti ancora di origine magrebina) e aggiornarsi reciprocamente sugli sviluppi dell'attività investigativa.

Nella memoria si afferma, inoltre, che quando i due americani vennero fermati, la notizia fu subito condivisa sulla chat. Il maresciallo li condusse, insieme ad altri militari, nella caserma di via In Selci. In questo frangente riportò anche delle ferite al volto perché colpito dalle testate di uno dei due giovani.

Lo stesso fermato, secondo la ricostruzione del sottufficiale indagato, avrebbe continuato a dare testate anche in caserma e quindi venne bendato - non dal maresciallo, ma da un altro carabiniere - condotta che sarebbe stata approvata dai due ufficiali presenti, secondo cui si sarebbe trattato di un legittimo e proporzionato utilizzo di «strumenti di contenimento» per evitare che il giovane facesse male agli altri e a se stesso.

In questa fase è stata scattata la foto a Natale, poi condivisa nella chat («sapendola riservata unicamente a carabinieri»), sia per «rassicurare tutti» che i due erano stati arrestati, sia per «far notare che l'informazione inizialmente fornita» da Andrea Varriale, che quella notte era in servizio con Cerciello, sulla nazionalità degli aggressori «fosse totalmente inesatta». Il giovane americano si era poi calmato ma «già da tempo era stato liberato dalla benda». Per quanto riguarda, infine, il filone principale dell'inchiesta venerdì il Ris procederà ad analizzare gli indumenti di Cerciello e Varriale repertati la sera del 26 luglio.

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