Mihajlovic, il primario: «Verona non sarà episodio isolato». ​Sinisa ha firmato per uscire dall'ospedale

Mihajlovic, la moglie: «È il mio guerriero». Sinisa ha firmato per uscire dall'ospedale
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Lunedì 26 Agosto 2019, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 17:42

«I guerrieri si riconoscono da lontano. My love». Così Arianna Rapaccioni ha commentato il ritorno in campo del marito Sinisa Mihajlovic, in panchina a Verona alla guida del suo Bologna 40 giorni dopo la diagnosi di una leucemia. La moglie di Sinisa ha pubblicato una foto su Instagram che la ritrae sorridente insieme al marito per celebrare il suo ritorno in panchina . L'allenatore avrebbe lasciato l'ospedale Sant'Orsola di Bologna per andare a Verona assumendosi la responsabilità della decisione di essere al fianco della sua squadra nell'esordio in campionato, adottando alcune contromisure per limitare i rischi dell'esposizione al pubblico nel momento in cui la chemioterapia ne ha abbattuto le difese immunitarie. È quanto filtrato nella notte dal Bentegodi, dove Mihajlovic si è presentato su auto privata. I dirigenti del club, preoccupati per la sua salute, hanno provato, invano, a convincerlo a vedere la partita da un box isolato. 

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L'ospedale: tutto concordato. Il viaggio di Sinisa Mihajlovic dall'ospedale Sant'Orsola di Bologna per raggiungere lo stadio di Verona è stato concordato nel dettaglio con i medici e sono stati loro a dare l'ok per l'uscita. Lo fa sapere il Policlinico Sant'Orsola di Bologna dove il tecnico è in cura per la leucemia e dove è rientrato ieri sera. Mihajlovic, secondo quanto si apprende sempre dal Policlinico, aveva espresso il forte desiderio di andare, ma si era rimesso al parere dei medici, dicendo che avrebbe comunque fatto quel che gli suggerivano.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

❤️ I guerrieri si riconoscono da lontano ❤️ My Love ❤️

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Il tecnico ha incontrato la squadra prima del match, in albergo, poi ha evitato luoghi pubblici, compreso lo spogliatoio, dove non è entrato né all'intervallo né a fine partita. Mihajlovic ha lasciato la panchina pochi minuti prima del fischio finale ed è stato accompagnato all'esterno dello stadio, per salire nuovamente in auto: secondo quanto appreso, è rientrato in ospedale già nella tarda serata.

La moglie del tecnico serbo ha postato il messaggio sul profilo Instagram con una foto che li ritrae sorridenti, e subito ha suscitato una serie di messaggi di applausi via social. L’allenatore del Bologna si è presentato in panchina dopo aver seguito anche il ritiro pre-partita della squadra. Al Bentegodi, la squadra emiliana ha ottenuto un pareggio contro il Verona.
 

«Devo dare merito al paziente, che ancora una volta è stato scrupoloso e si è attenuto perfettamente alle raccomandazioni e posso anche ritenere che quello che è avvenuto ieri non sia un episodio isolato e mi riferisco alla possibilità di essere in campo». Lo dice il professor Michele Cavo, primario di Ematologia del Sant'Orsola di Bologna, dove è ricoverato Sinisa Mihajlovic. «Per contro ci saranno altri momenti, quando seguirà altri cicli di terapie, in cui questo, invece, non sarà possibile».

O - Sinisa Mihajlovic «serve come testimonial per dare un messaggio a tutti i pazienti: 'Sappi che che se fai un ciclo pesante di chemioterapia, dopo 40 giorni puoi ricominciare a fare quello che facevi prima, puoi iniziare il percorso pianificando il futuro professionale a breve termine, sapendo che la malattia non ti ha messo in ginocchio, sei in grado di risollevarti e ricominciare il tuo camminò». Lo spiega il professor Michele Cavo, primario dell'Ematologia del policlinico Sant'Orsola di Bologna. «La stessa accondiscendenza - dice riferendosi al permesso dato a Sinisa per scendere in campo - l'avrei avuta nei confronti di un avvocato o di un notaio che mi avesse chiesto, dopo 40 giorni, di tornare in studio per la stipula di un contratto». Una decisione, precisa, presa in presenza di un «forte desiderio del paziente, con rischi sufficientemente contenuti» e «a fronte di un sicuro beneficio psicologico». Senza tralasciare «l'importanza del messaggio che si poteva trasmettere» anche a persone che affrontano una malattia simile.

«Sinisa ha dimostrato di essere un paziente esemplare, come sempre è stato durante il periodo di ricovero.
Ha fatto tutto quello che gli è stato detto e consigliato, non si è mai sottratto ai consigli». Il professor Michele Cavo, direttore dell'Ematologia dell'ospedale Sant'Orsola, descrive così il comportamento dell'allenatore serbo del Bologna, in cura per una leucemia. Ricostruendo il dialogo che ha portato all'uscita di Mihajlovic, per andare a seguire la squadra nella prima di campionato, ieri a Verona, decisione su cui c'è stato un «totale allineamento e condivisione», Cavo ha spiegato che giovedì l'allenatore gli aveva «manifestato un suo fortissimo desiderio di essere in campo». «Io gli ho risposto - ha raccontato - che in quel momento non ero in grado di dargli il mio sì, ancora mi sarei riservato giorno per giorno, sulla base della valutazione della capacità di ripresa della funzionalità del midollo osseo», dopo il ciclo di terapia. «Sinisa allora mi ha detto: 'Professore, non farei mai nulla contro la sua volontà'. E così facendo ha marcato una linea di confine». Venerdì, poi, ci sono stati «ulteriori segnali di miglioramento della funzionalità. Mi ha spiegato che sarebbe andato da solo, con contatti limitati a pochissimi minuti. Allora gli ho detto di organizzare, ma che mi sarei riservato di dargli l'ok finale tra sabato e domenica». Mihajlovic, «dalle immagini che ho visto, è stato ligio alle raccomandazioni che gli avevo dato: ha indossato la mascherina quando era in macchina con l'autista. Il consiglio che gli avevo dato era di presentarsi in campo a viso scoperto senza nessuna precauzione, visto che lì i rischi sarebbero stati inferiori».

 

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