Governo, Pd-M5S trattano: dem tentati dal Conte bis, Fico si chiama fuori

Governo, il Pd tentato dal Conte bis, Fico si chiama fuori, Di Maio: no veti
di Mauro Evangelisti
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Lunedì 26 Agosto 2019, 07:27 - Ultimo aggiornamento: 12:51

Il Movimento 5 Stelle, sull’onda dell’indicazione di Beppe Grillo, resta fermo su Conte premier, il Pd dice no, ma in realtà c’è più di uno spiraglio. Un compromesso sul presidente del Consiglio uscente ridimensionerebbe la presenza grillina al governo e il ruolo di Luigi Di Maio, sempre più all’angolo. Restano altri due punti fermi: Roberto Fico si è chiamato fuori dopo che il Partito democratico aveva dato la disponibilità ad accettarlo come premier; c’è ancora poco tempo per trovare una soluzione, perché Mattarella per domani aspetta risposte chiare dai partiti. Schermaglie attorno alle 19.

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Zingaretti ieri in conferenza stampa ha ribadito che resta la contrarietà alla conferma di Conte, il Movimento 5 Stelle nel tardo pomeriggio attacca con una nota: «La soluzione è Conte, il taglio dei parlamentari e la convergenza sugli altri 9 punti posti dal vicepresidente Di Maio. Non si può aspettare altro tempo su delle cose semplicemente di buon senso. È assurdo. L’Italia non può aspettare il Pd». E ieri mattina Grillo ha pubblicato l’ennesimo post di sostegno a Conte.
 


PAROLE CHIAVE
Dopo discontinuità, altra parola chiave dell’accidentato percorso della trattativa tra Pd e M5S: rimpastone. L’ha pronunciata ieri nel tardo pomeriggio Nicola Zingaretti per spiegare che il rimpastone non si deve fare: il nuovo governo rosso-giallo non può essere una versione corretta di quello gialo-verde in cui il ministri Pd prendono il posto di quelli di Salvini e Conte resta presidente del Consiglio. Il confronto, dopo che ieri c’è stata l’ennesima telefonata tra Di Maio e Zingaretti, è ancora fermo in questo passaggio angusto sul premier.

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Nicola Zimgaretti e Luigi Di Maio

Controfferta di Di Maio: per conservare Conte a Palazzo Chigi, ecco un pacchetto di ministeri pesanti al Pd (interni, difesa ed economia), anche se questa indiscrezione è stata successivamente smentita. Nella partita a ping pong si è inserito Roberto Fico: sabato Zingaretti, per mettere in difficoltà Di Maio, aveva fatto trapelare che era pronto ad accettare il presidente della Camera (non proprio amatissimo dal capo politico del M5S) come premier. Ieri mattina la risposta diffusa dall’entourage di Fico che si chiama fuori perché «intende responsabilmente dare continuità al suo ruolo». Archiviato il passaggio di Fico, c’è stata la telefonata di Di Maio a Zingaretti per ribadirgli che per il Movimento 5 Stelle c’è solo Conte, ma che sono possibili concessioni sui ministeri da assegnare al Partito democratico. Nel Pd ormai cresce il fronte di chi è disponibile al compromesso, a partire dai renziani che mandano questo messaggio: «Zingaretti accetti la sfida del M5S, via libera a Conte per formare un esecutivo di svolta sui contenuti e sulla compagine ministeriale». La macchina dei media attribuisce questa frase a «fonti parlamentari renziane». Ecco, Nicola Zingaretti, nel punto stampa tenuto al Nazareno attorno alle 18.30, ha invitato proprio a non affidarsi più a queste «fonti» e rivolto anche ai suoi ha chiesto di non ritwittarle, ma di mettere «nomi e cognomi».

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MESSAGGI
Il leader del Pd ha parlato al termine del lavoro dei sei gruppi che stanno elaborando i punti programmatici da sottoporre al Movimento 5 Stelle: «Siamo molto preoccupati per l’eredità del vecchio governo, il rinnovamento e una nuova stagione deve esserci anche nelle politiche economiche. Giù le tasse ai redditi medio bassi. Noi pensiamo che in un governo di svolta la discontinuità deve esser garantita anche da un cambio di persone. È la posizione che ho sempre sostenuto e che ribadisco, convinto che si troverà una soluzione in un confronto reciproco, capendoci e interloquendo». Traduzione: diciamo no a Conte e agli ultimatum, però ci sono margini per trovare un’intesa. «Ma l’Italia non capirebbe un rimpastone».

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