I fantastici 90 anni del Premio Viareggio, sabato la serata finale con i vincitori

I fantastici 90 anni del Premio Viareggio, sabato la serata finale con i vincitori
di Andrea Velardi
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Giovedì 22 Agosto 2019, 18:17
Il Premio "Viareggio-Rèpaci" festeggia i suoi novant’anni, con un’edizione che è un vero sugello di una tradizione nata nel fatidico 1929 “sotto l’ombrellone” grazie ad un Leonida Rèpaci catapultato dalla moglie Albertina Antonelli “nell’enorme cuscino verde versiliese”. Il riconoscimento si è affermato come uno dei più importanti del nostro panorama, diverso per modalità di voto e attenzione ai valori dai grandi premi Strega e Campiello. Dall’anno scorso ha assistito ad un  rilancio fortemente voluto dall’attivissimo sindaco Giorgio Del Ghingaro per il quale il premio è centrale non solo per la letteratura, ma per uno sviluppo più ampio, culturale e turistico, di tutta la città; dall’infaticabile Assessore alla Cultura Sandra Mei e dall’appassionata, competente, colta custode di questa lunga tradizione, la Presidente della Giuria Simona Costa che si compiace di come “il Premio Viareggio abbia raggiunto questi 90 anni in piena salute”.
 
Domani 23 agosto alle 18 presso il Principino di Viareggio una tavola rotonda, coordinata dalla presidente, ricorderà la storia del Premio con gli interventi di Marino Biondi,  Piero Gelli, Emma Giammattei, Adolfo Lippi. Ennio Cavalli, da 50 anni inviato speciale a Viareggio, vincitore nel 2009, rievocherà il 1975, quando era ancora vivo il fondatore Rèpaci,  con un Giorgio De Chirico che girava per Viareggio “disposto solo a pigri baciamano alle signore”, con  la vittoria del grandissimo autore del romanzo industriale contemporaneo Paolo Volponi con “Il sipario ducale” e del raffinatissimo poeta Leonardo Sinisgalli con “Le mosche in bottiglia”. Nel pomeriggio ci sarà la proiezione di un filmato di Rai Teche diretta dalla giurata Maria Pia Ammirati con momenti significativi delle storiche cerimonie di premiazione. 
 
Sempre al Principino sabato 24 alle 21 Paolo Di Paolo condurrà la serata in cui sapremo i nomi dei vincitori delle terne dei finalisti. Per la Narrativa Viola Di Grado, “Fuoco al cielo”, La Nave di Teseo; Claudia Durastanti, “La straniera”, La Nave di Teseo, già successo critico di quest’anno ed exploit della cinquina del Premio Strega di quest’anno; il grande scrittore e critico Emanuele Trevi con “Sogni e favole”, Ponte alle Grazie. Nella sezione Poesia insieme a Annelisa Alleva, “Caratteri”, Passigli, e Patrizia Valduga, “Belluno. Andantino e grande fuga”, Einaudi,  concorre “O caro pensiero”, Aragno, di Renato Minore, critico letterario del Messaggero di cui sono state recentemente pubblicate le grandi monografie narrative su Leopardi e Rimbaud, la cui raccolta ha messo d’accordo sia la corrente tradizionale che quella più avanguardista della poesia italiana ed è stato definito da Maurizio Cucchi “libro gnomico e comunicativo” dotato di “scrittura affabile e discreta”, portatore di quella che definiamo “una fenomenologia quotidiana e riflessiva narrata con un linguaggio profondo e colloquiale”. Infine per la Saggistica abbiamo Chiara Frugoni, “Uomini e animali nel Medioevo”, Il Mulino e Salvatore Silvano Nigro, “La funesta docilità”, Sellerio, Saverio Ricci, “Tommaso Campanella”, Salerno editrice. Giovanna Cristina Vivinetto, vince il Premio Opera Prima-Poesia per la sua raccolta lirica “Dolore minimo”.
 
Nel corso della serata Walter Veltroni discuterà sul palco con i vincitori dei Premi Speciali: Marco Bellocchio, Premio Internazionale "Viareggio-Versilia"; Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, Premio del Presidente;  Gino Paoli, Premio "Città di Viareggio"; Eugenio Scalfari, premio giornalistico 2019; Riccardo Muti, Premio Speciale Viareggio 90. Bellocchio si dice “sorpreso da un riconoscimento che, da quando frequentavo Moravia, Pasolini e Garboli, evoca in me il mondo letterario”, ma ricorda la grande sinergia esistente tra cinema e letteratura, quanto lo hanno ispirato  La balia e l’Enrico IV di Pirandello e il Gabbiano di Cechov.

“Il linguaaggio è diverso ma il discorso, la forma del racconto è abbastanza simile. Con Cechov sono stato fedele perché il suo linguaggio si adattava molto bene al cinema per via di quel suo sussurro realistico, mentre per Pirandello è stato più difficile, ho ammorbidito e adattato. In Pirandello c’è un ribaltamento del rapporto tra la madre naturale e la balia era molto più affettiva e appassionata, ma c’era anche un retroscena di tipo veristico che ho cambiato, la balia faceva una brutta fine, veniva cacciata via per poi prende una strada di degenerazione umana e sociale. Io mi sono scostato da questo finale più amaro. Potrei dire che, sempre più lasciando la propria più diretta autobiografia se pure trasformata, è chiaro che un testo letterario  dà quell’architettura, quell’ordine drammaturgico che spesso per la misura di un film è utile e adatto. Mi pare che Lukács precisi come la forma del lungometraggio può riferirsi più alla novella che al romanzo, perché questo ha un’ ampiezza non solo temporale così debordante che difficilmente si può trovare un aggancio adeguato per la narrazione filmica. Le novelle hanno un respiro più consono”. Bellocchio riconosce infine come i premi “confermano la strada artistica di una carriera, sono utili soprattutto nel cinema dove dobbiamo sempre trovare una mediazione continua con il produttore e aiutano a trovare qualcuno che investa sui tuoi progetti”.
 
 
 
 
 
 
 
 
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