Affittopoli, la farsa dei rincari: casa al Colosseo per 133 euro Mappa

Affittopoli, la farsa dei rincari: casa al Colosseo per 133 euro
di Lorenzo De Cicco
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Martedì 20 Agosto 2019, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 14:19
Virginia Raggi è stata di parola. «Affittopoli è finita: mai più case a Fontana di Trevi a 210 euro al mese», prometteva in conferenza stampa giusto un anno fa. E difatti l’appartamento in questione, 90 metri quadri, primo piano, affaccio mozzafiato sul capolavoro del Barocco voluto da papa Clemente XII, 210 euro (anzi, erano 207, per l’esattezza) non li costa più. Ora sono addirittura 286 euro al mese. E che dire della casa di proprietà del Campidoglio in via del Colosseo? Anche qui l’affitto mensile è schizzato alle stelle, si fa per dire: da 103 euro a 133.

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È tutto qui lo iato sesquipedale tra la grancassa della propaganda e la realtà, il gap tra gli annunci delle «rivoluzioni» sempre astrattamente imminenti e che però, il più delle volte, slittano, si smorzano, s’ingolfano, insomma si sfaldano, un impaccio burocratico dopo l’altro. Risultato: la Capitale che coi grillini pensava forse di aver archiviato lo scandalo decennale degli affitti stracciati, degli appartamenti pubblici nelle zone esclusive ceduti a una manciata di euro, scopre che no, a quanto pare, pochissimo è cambiato. Una beffa al cubo, perché a leggere le carte con i canoni aggiornati si scopre che i rincari ci sono stati, ma spesso si tratta di ritocchi minimi, insignificanti, lontani anni luce dai prezzi di mercato che questi gioielli potrebbero e dovrebbero valere.



GLI INDIRIZZI
Così dal pozzo nero degli oltre 40mila immobili comunali, riemerge come il mostro della baia di Urquhart lo scandalo affitti che si pensava sepolto. Basta spulciare l’ultimo rapporto del Comune sui «Canoni del patrimonio disponibile» e metterlo a confronto con quello sfornato nel 2015, quando il caso dei prezzi stracciati riaffiorava di nuovo nel dibattito pubblico, con immancabili impegni di pulizia. E lo stesso disco ha suonato, di nuovo, nel 2016. Per una casa a piazza Trilussa, gioiello trasteverino, c’è scritto nel documento aggiornato al «27/03/2019», un’abitazione è passata da 311 euro a 955 all’anno (al mese sono 79 euro). Per un altro alloggio nello stesso palazzo, il canone mensile è salito di cinque euro: da 420 a 425. A Borgo Pio, a due passi dal colonnato di San Pietro, per un «locale commerciale», si legge, l’adeguamento è da 292 a 297 euro al mese.

Per un locale a piazza di Santa Maria in Trastevere, altra zona innaffiata dai flussi della movida, addirittura si è registrato un ritocco all’insù di 20 centesimi, mentre nel civico affianco l’aggravio è di 2 euro, da 103 al mese a 105. A Fontana di Trevi, due piani più sopra della casa affittata oggi a 286 euro, ce n’è un’altra che è passata da 351 a 433 euro al mese.

CASE VUOTE
Altra beffa: alcuni immobili sono perfino vuoti. Per dire, un’altra casa in via del Colosseo, che nei registri del Comune risulta affittata a 198 euro mensili, in realtà è un rudere. Insomma, non entrano nemmeno quei pochi, pochissimi soldi annotati dai tecnici. 

Qualche aumento più consono c’è stato, alcuni immobili oggi, finalmente, veleggiano a cifre in linea col buonsenso, ma per molti degli appartamenti simbolo della vicenda affitti, si è rimasti a tre anni fa, o quasi. Nonostante la lotta a #scroccopoli portata avanti da Rosalba Castiglione, assessore al Patrimonio di Roma. Che davanti a queste cifre, commenta: «Per i canoni di mercato dobbiamo aspettare l’efficacia delle disdette». Anche se ieri, per esempio, un inquilino di piazza di Trevi replicava: «A noi non è arrivato nulla, anzi il Comune ha mandato l’ultima bolletta a luglio...». Per l’assessore i ritocchi minuscoli, in ogni caso, sarebbero entrati in vigore «per le variazioni Istat». Insomma, l’iter delle disdette procede al ralenti e per ora rimane impaludato nel vischio della burocrazia. Ci vorrà tempo, ancora. Ma, assicura Castiglione, «la delibera 133 rivoluziona le regole degli affitti. Ci sono stati sopralluoghi massicci, abbiamo individuato appartamenti su cui gli uffici stanno conducendo un lavoro per tutelare le fragilità, altri immobili oggetto di abusi devono essere regolarizzati. Ma vogliamo restituire queste risorse alla comunità», è l’ultima promessa.
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