Sentinella della pioggia, ecco la quattordicesima puntata

Sentinella della pioggia, ecco la quattordicesima puntata
di Tatiana de Rosnay
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Sabato 17 Agosto 2019, 09:44

Place Cambronne segna la frontiera tra la parte asciutta del quindicesimo arrondissement e quella allagata. Sono le due del pomeriggio, ma il cielo grigio scuro fa sì che sembri notte. Linden si guarda intorno in cerca di Oriel. È vicino alla polizia con un uomo sulla trentina. Linden viene presentato a Matthieu, l’amico di Oriel che lavora in comune, ha il viso da elfo e i capelli biondo rossiccio spettinati. Gli spiega che la barca li aspetta ad appena dieci minuti da lì.
Mentre camminano Oriel chiede a Linden com’è andato il trasferimento d’ospedale, e lui racconta. Matthieu dice che sa che ci sono state molte lamentele riguardo ai trasferimenti, ed è felice che per il padre di Linden è andata bene.
Raggiungono l’incrocio tra rue de Lourmel e avenue Émile Zola, dove alcune barche aspettano sotto la pioggia. Linden viene presentato ad altre due persone dell’unità di crisi del municipio, Monique e Franck.
Quello che scopre mentre la barca procede è diverso dagli scatti dell’alluvione del 1910, dove i parigini indossavano abiti eleganti, cappelli a cilindro e cuffiette. Quelle foto in bianco e nero suggerivano un’atmosfera di dramma che aveva una sua estetica, oggi non c’è niente di bello. L’acqua torbida è costellata di spazzatura e le persone che si trascinano sulle passerelle, portandosi dietro valigie e mobili, sembrano disperate e del tutto prive di stile. La Senna arriva a metà di ogni portone. Questa è la Parigi della sua adolescenza, la conosce come il palmo della mano. Scatta ogni foto senza fretta: una ragazza che si arrampica su una scala, lo zaino pieno di cibo mentre i genitori guardano dall’alto a mani tese; una donna anziana protetta da un fragile ombrello, con un cagnolino terrorizzato infilato sotto il braccio robusto.
Un gommone di giornalisti li sorpassa. Una giovane donna a bordo, macchina fotografica al collo, lo riconosce. Rapidamente lo fotografa, facendogli un sorriso e tirando su il pollice.
Monique cerca di consolare una donna che parla con loro dal secondo piano di un edificio. Dice che il marito soffre di reumatismi ma non vuole lasciare l’appartamento, e ora che ci sono i ratti è ancora peggio. Sì, i ratti hanno invaso l’intero edificio, risalendo rapidi dalle cantine allagate. Franck cerca di convincerla ad andare con loro in un alloggio temporaneo ma la donna non vuole. Teme che le sue cose vengano rubate.
Appena la barca gira su rue Saint-Charles, Linden si ritrova faccia a faccia con edificio di mattoni rossi dove ha abitato tre anni, all’angolo con rue de l’Église. Non ci torna dalla morte di Candice. Linden alza lo sguardo verso il balcone al sesto piano, il cuore gli martella. È da lì che la zia è caduta ed è morta il 6 giugno 2012. Tilia gli ha raccontato che una commessa della boutique di fronte l’aveva vista soffermarsi a lungo sul balcone, fin quando non si era arrampicata sulla balaustra e si era tuffata di testa, le braccia larghe e tese, come un angelo. Candy era morta sul colpo.
“Stai bene?” chiede Oriel all’improvviso.
La pioggia che picchietta sulla faccia di Linden si mescola alle lacrime. Fatica a trovare le parole giuste. È qui che mia zia si è suicidata. Suonano così orribili, non riesce a pronunciarle. Non ha mai parlato della morte di Candy con nessuno, nemmeno con Sacha. Riesce a borbottare un paio di parole. Abitavo qui, con la zia americana. La mano sottile di Oriel lo stringe, sa che ha capito.
Più tardi, mentre rincasano sotto la pioggia, Linden e Oriel si fermano in un caffè. Ordinano una cioccolata calda e un tè e poi Oriel dice, senza girarci intorno, “Parlami di tua zia Candice”.
Candy lo capiva all’istante, da sempre. Si sentiva più vicino a lei che a sua madre. Il giorno in cui si è uccisa lui era a Tokyo. Aveva corso come un matto per arrivare in tempo per la cremazione e non c’era riuscito. La cosa gli pesa ancora. Nella lettera che aveva lasciato, Candy diceva solo che voleva essere cremata e che non voleva funerali in chiesa. Non spiegava perché si fosse suicidata. Ma lui sapeva perché lo aveva fatto. Era stato quell’uomo, J.G., che le aveva fatto delle promesse senza mai averle dato nulla, e che alla fine aveva sposato un’altra. Dopo il matrimonio, Candy aveva continuato a vederlo. Non poteva farne a meno, lo amava. Lo incontrava negli alberghi all’ora di pranzo, ed era squallido. Candy era ai suoi ordini. Linden lo odiava. Lei era una splendida persona, meritava di meglio. La zia gli manca. Quando ha visto il balcone da dove si è buttata, il dolore si è riacceso. A uccidere Candy era stata la solitudine, quelle notti da sola che avrebbe potuto condividere con qualcuno che amava. Quando nel giugno del 2012 Linden arrivò a Parigi, ad accoglierlo furono la madre e la sorella devastate. Avevano riguardato tutte le cose di Candy e gli avevano dato alcune lettere che lo riguardavano. Tornato a New York, Linden ci mise un po’ per trovare il coraggio di leggerle. In una, Candy accennava a un fine settimana nella Loira con Jean-Grégoire. Linden ricordò improvvisamente il cognome dell’uomo, de Fleursac-Ratigny, e lo cercò in rete. Abitava appena fuori Parigi; aveva quattro figli. Fu facile trovare il numero di telefono.
Oriel ordina Sauvignon per entrambi. Può raccontarle il resto della storia? Ha chiamato quell’uomo orrendo?
Linden lo chiamò due mesi dopo il suicidio di Candice. Disse subito che era il nipote di Candice Winter. J.G. rimase sorpreso, ma non fu scortese. Cosa voleva? Be’, voleva sapere se Monsieur de Fleursac-Ratigny sapeva che Candice Winter era morta. Sì, lo sapeva. Proprio triste. Linden si chiese se la moglie stesse origliando, se avesse qualche sospetto che negli ultimi vent’anni il marito l’aveva tradita con un’incantevole donna americana. J.G. gli chiese se poteva richiamarlo. Linden gli diede il suo numero senza aspettarsi di risentirlo mai più, ma tre ore dopo lui lo richiamò. Sembrava affranto. Ammise di essere rimasto profondamente turbato dalla morte di Candice. Come lo aveva saputo? Lei gli aveva scritto annunciandogli che si sarebbe uccisa. Aveva ricevuto la lettera l’indomani della morte. Era stato uno shock e non poteva esprimere il suo dolore per via della moglie, che non aveva mai saputo niente. Si sentiva in colpa. Sapeva che avrebbe dovuto convivere con quel dolore e senso di colpa per sempre. Non gli importava cosa Linden pensasse di lui, ma c’era una cosa che doveva sapere. Aveva amato Candice più di quanto avesse amato ogni altra donna.
Linden smette di parlare. Gli occhi di Oriel sono pieni di tristezza.

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