Quell’inglese del calcettaro che però è nato al Trullo

Quell’inglese del calcettaro che però è nato al Trullo
di Mimmo Ferretti
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Domenica 11 Agosto 2019, 01:06
Hard work. Che poi sarebbe “Lavoro duro”, ma vuoi mettere scriverlo in inglese? Fa tutto un altro effetto; fa tutta un’altra scena. È l’ultima frontiera della comunicazione social degli sportivi. Dal professionista di Serie A al mediano di Terza Categoria fino al calcettaro del giovedì sera, si va avanti solo con l’inglese anche se sei nato al Trullo, lavori a Tor di Nona e abiti alla Montagnola. Ti fai una passeggiata su Instagram ed è tutta una spaparanzata di foto con muscoli sudati, polpacci stremati, canotte ciancicate, sorrisi stravolti, emoticon di ogni tipo e l’immancabile commento: “The right way”. Perché se scrivevi “La giusta via” non era lo stesso? Macchè. Vuoi mettere l’incanto di una botta di inglese? 
Vai avanti e ti accorgi che sono tutti “Bro”, che il “Food” è sempre “Natural”, che “It’s time to go” (“Sbrigate che è tardi”), che se non tagghi una canzone nella lingua di Londra e non sei tatuato dalla testa ai piedi con dediche in inglese non vali davvero una lira. Excuse me, una sterlina. La moda è moda, e va bene tutto. L’importante è non cadere nel ridicolo, amplificando in maniera grottesca pregi e virtù. Perché poi sarà sempre il campo o il campetto a stabilire se sei davvero “Cool”. Altro che emoticon con il bicipite gonfio piazzato al centro della foto.
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