Carne "coltivata", la sfida olandese

Carne "coltivata", la sfida olandese
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Sabato 10 Agosto 2019, 22:42 - Ultimo aggiornamento: 16 Novembre, 16:37
Fare carne in laboratorio, a partire da cellule di bovino, per ridurre l'impatto ambientale e le emissioni dell'allevamento con attenzione al benessere animale. È l'idea di Mosa Meat, start-up dell'Università di Maastricht in Olanda. Campione europeo di una delle ultime tendenze nella produzione di alimenti, la carne in laboratorio, concetto su cui lavorano start-up giapponesi, israeliane e americane, che hanno raccolto centinaia di milioni in investimenti.
Nata dal progetto di ricerca che nel 2013 ha portato il professore di Maastricht Mark Post a presentare al pubblico il primo hamburger creato in laboratorio, da coltura cellulare, Mosa Meat ha raccolto investimenti per 7,5 milioni di euro e punta a portare sul mercato i primi prodotti nel 2021. Ma «non si può parlare di date certe - racconta la direttrice operativa di Mosa Meat, Sarah Lucas - ci sono alcune incognite a livello scientifico e i tempi per l'autorizzazione per l'immissione in commercio non dipendono solo da noi», nel senso che dipendono dalle autorità europee, che classificheranno la carne "coltivata" in laboratorio come un nuovo alimento (Novel food). In un contesto in cui il consumo globale di carni bovine è destinato quasi a raddoppiare dal 2010 al 2050 (+88%, secondo il World Resource Institute), Mosa Meat vuole realizzare un processo che consentirà di produrre 175 milioni di hamburger dalle cellule di una sola mucca, invece di allevarne e macellarne 440mila. «L'allevamento tradizionale non può coprire tutto l'aumento della domanda - aggiunge Lucas - e produrre carne dalle cellule è molto più efficiente di allevare un animale per mangiarne una piccola porzione e scartare il resto. Con la carne coltivata possiamo produrre più carne, in modo che tutti possano avervi accesso e non diventi un prodotto scarso riservato solo ai ricchi con un ridotto impatto ambientale e più attenzione al benessere animale».
Ci sono ancora grandi questioni da risolvere.
Finora non è chiaro quanta energia ci voglia per fare carne in coltura. Per "coltivare" la carne inoltre gli scienziati utilizzano siero di feto bovino, che apre questioni etiche ingombranti per una società che dichiara di voler aumentare il benessere animale. I costi di produzione sono proibitivi: sei anni fa l'hamburger prototipo del professor Post è costato oltre 300mila euro, oggi le stime parlano di 20 euro al chilo. L'accettazione del pubblico non è scontata e, infine, l'allevamento tradizionale non sta a guardare. «Il settore agricolo europeo ha ridotto le emissioni di gas serra del 20% negli ultimi 25 anni e sta investendo per ridurle ancora di più», racconta Riccardo Siligato del Copa & Cogeca, le organizzazioni degli agricoltori e delle cooperative agroalimentari europee. Si lavora a «nuove razze, modifica dei mangimi per ridurre le emissioni dei bovini e sostituzione dei fertilizzanti sintetici con quelli organici», chiarisce ancora Siligato, sottolineando che «in Europa abbiamo gli standard di sicurezza alimentare e benessere animale più alti del mondo».
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