Sentinella della pioggia: ecco la settima puntata sul Messaggero

Sentinelle della pioggia: ecco la settima puntata sul Messaggero
di Tatiana De Rosnay
6 Minuti di Lettura
Sabato 10 Agosto 2019, 11:51 - Ultimo aggiornamento: 12 Agosto, 15:47

Nella sala d'attesa di terapia intensiva, Linden legge le email accumulate. Dovrà informare la sua agente di quanto sta accadendo. Ci sono un paio di lavori importanti in arrivo.

Nel 2005 Rachel Yellan, una celebre agente americana, aveva visto alcuni suoi ritratti sul sito di una galleria che esponeva alcune fotografie di Linden. Aveva guardato i suoi lavori, incluso il celebre Uomo degli Alberi che piange a Versailles, e lo aveva contattato. I lavori che gli venivano proposti erano quasi sempre in America. Allora Linden nel 2009 si era trasferito a New York. All'inizio non erano incarichi eccitanti: una valanga di portfolio per modelle e pubblicità. Nel giro di un paio d'anni, però, Linden Malegarde era diventato il giovane fotografo franco-americano che ogni rivista o marca voleva ingaggiare. I suoi ritratti erano riconoscibili all'istante. Per lui, fotografare una persona, o un posto, era come disegnare contorni invisibili, portare alla luce zone impercettibili, vulnerabilità nascoste.

All'ospedale Pompidou, Linden prova una sorta di distanza dal suo lavoro. Non si è mai sentito così. Eppure gli sta a cuore il suo mestiere. Ora però gli importa solo del padre. È preoccupato anche per Lauren, che ha febbre alta e mal di testa.

Di tanto in tanto si alza, fa su e giù per i corridoi. Che problema ha il padre? Perché non vengono a dirglielo? Alle due del mattino, una dottoressa gli chiede se è lì per Paul Malegarde. È minuta, somiglia a Jodie Foster. Il nome sulla targhetta è Docteur Hélène Yvon. Lui è così teso che non riesce a parlare. Lei deve essersene accorta perché allunga la mano sottile e gli tocca il polso.

Suo padre è ancora tra noi.
Spiega che Paul ha avuto un grave ictus e ne è derivato un danno cerebrale che potrà causare problemi di comunicazione se si è esteso alle aree che controllano il linguaggio. Non sono ancora in grado di stabilirlo. Dovrà fare molti esami. Potrebbe avere bisogno di un intervento chirurgico per rimuovere un coagulo di sangue. Starà lì per un bel po'. Linden domanda se può vedere il padre. La dottoressa risponde che potrà farlo nel primo pomeriggio dell'indomani. Lei sarà lì.
È troppo tardi per mandare un sms a Tilia, la vedrà in albergo.

Fuori la pioggia viene giù leggera, senza far rumore. Le strade sono vuote. Non tornava da un po' in questa parte di Parigi. Non riesce a fare a meno di amarla. È la Parigi della sua adolescenza, il modesto quindicesimo arrondissement che conosce a memoria.
Non dimenticò mai quella notte del 1998, quando era rincasato dopo le quattro. Non aveva avvisato Candy e una volta entrato nell'appartamento si era accorto che la luce era accesa e lei era lì che lo aspettava, in soggiorno, le mani strette intorno a una tisana.
Ero preoccupata, pensavo ti fosse successo qualcosa.

Lui aveva borbottato che avrebbe dovuto chiamare, che gli dispiaceva. Ricorda ogni istante. Candy non aveva indagato. Ma lui sentiva il bisogno di parlare. Aveva detto che era stato con un amico. Lo sguardo di lei era comprensivo. Linden cercava le parole giuste. L'amico si chiamava Philippe. Era nella sua classe. Aveva trascorso la serata con lui e non si era accorto del tempo che passava. Non riusciva a trovare il coraggio di andare oltre. Aveva paura del giudizio di Candy. Ma lei gli disse Non avere paura, dimmi quello che devi dirmi.

Lui vide solo tenerezza nei suoi occhi. Si sentiva nudo, più vulnerabile di quanto fosse mai stato in vita sua. Le disse che Philippe era la persona a cui pensava giorno e notte, con lui si sentiva se stesso. Disse che si sentiva diverso. Era iniziato tutto a Sévral. I ragazzi a scuola se ne erano accorti e gli avevano reso la vita un inferno. Dov'era la sua fidanzata? L'americano non ce l'aveva o cosa? Aveva mai baciato una ragazza? Era completamente gay allora, un fiotte, un pédale? A Parigi si era sentito sollevato. Nessuno lo riteneva diverso. A nessuno importava se avesse la ragazza. E poi, Philippe. Che era a proprio agio con se stesso e non fingeva di essere un altro. Un giorno, dopo le lezioni, Philippe lo aveva portato nella sua camera e lo aveva baciato. Era stato facile.

Sono gay. Sei delusa?
Provò uno strano sollievo. Candy sorrideva. Si era alzata e lo aveva abbracciato.
No, ti voglio bene come sempre.
Con quanto affetto aveva custodito quelle parole. Erano rimaste con lui per tutto il tempo in cui non si era sentito pronto a parlarne con gli altri. Le parole preziose di Candy per un po' lo avevano protetto.
Arrivato in albergo, c'è un biglietto di Tilia sulla sua porta. Vuole che vada da lei a qualunque ora torni.
Ha il volto tirato, gli occhi rossi. Le dice tutto quello che sa. Lei continua a chiedere supplicante se il padre si rimetterà. Esasperato, le dice di tornare con lui in ospedale, così può chiedere lei stessa.
Bullo, non posso venire con te in ospedale.

Che diamine vuol dire? Tilia, imbarazzata, spiega che dopo l'incidente non riesce più a mettere piede in un ospedale. È stato secoli fa, ma per lei è impossibile. Le riporta in mente tutto l'orrore. Linden fa notare che non ne ha mai parlato. Come fanno gli altri a sapere qualcosa di quell'orrore? Lei incrocia le braccia e fa quell'espressione ostinata che lui conosce bene. Non può andare, punto e basta. Si occuperà della madre, la febbre di Lauren è ancora alta.
Ci sono così tante cose della sorella che non sa. Era convinto di conoscerla perfettamente, ma restano delle zone d'ombra. Non sa cosa sia successo la notte dell'incidente se non che è l'unica a essere sopravvissuta.

Linden capisce che dovrà occuparsi di tutto, che è predestinato a guidare la battaglia. Non ha scelta.
Pensa al padre. Avrà ripreso conoscenza? Sa cosa gli è successo? Soffre? Questi pensieri gli impediscono di dormire.

Si ricorda di una donna conosciuta in aereo che gli aveva suggerito che quando aveva paura doveva visualizzare qualcosa di bello, un posto o una persona che lo avrebbero tranquillizzato. Chiude gli occhi. La prima immagine che gli viene in mente è del padre, a Vénozan, con il cappello di paglia e la salopette, chino sulle sue piante. Lui piccolo e Paul che gli carezza la testa con il palmo sporco. Si sente avvolto da una pace gentile. Funziona. Vede l'arboreto, il padre accanto al tiglio più alto e più antico che sembra il comandante di una nave che veleggia su un mare di foglie. Intravede la madre che prende il sole in terrazza, vicino alle malvarose. Tilia fa la ruota sul prato, senza mai fermarsi, come al rallenti. Ecco l'ultima cosa che vede prima di addormentarsi.

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