A 30 anni dalla notte dei Tre Tenori, Plácido Domingo torna a Caracalla: «Canto la zarzuela, in omaggio alle mie origini»

I Tre Tenori (Domingo, Carreras e Pavarotti) a Caracalla nel 1990
di Simona Antonucci
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Martedì 6 Agosto 2019, 20:38
«La zarzuela è la prima musica che ho sentito nella mia vita. Mamma la cantava quando ero nella sua pancia. Ed è un privilegio farla conoscere anche qui a Roma. Con questo spettacolo io ritorno alle mie origini. Ci sono dei ballati, atmosfere della mia terra. E tra l’altro, rispetto all’opera, nella zarzuela tutto finisce bene, anche i drammi si aggiustano. Sarà una notte spagnola e serena». Dopo aver festeggiato domenica sera a Verona i suoi 50 anni dal debutto in Arena, Plácido Domingo, il sette agosto (alle ore 21), per la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma, torna protagonista alle Terme di Caracalla con il Gala “Noche española”. Uno show che il celebre cantante dedica alla sua terra natìa con canzoni e arie da famose zarzuelas, con la Compagnia di ballo Antonio Gades di Madrid. 

Instancabile? «No, felice». Tenore, baritono, direttore d’orchestra e artistico: «Che cosa preferisco fare? Io preferisco sempre quello che sto facendo». A 78 anni ha cantato in 4 mila recite ed è salito sul podio 500 volte. Ha inciso un centinaio di opere, scegliendo in un repertorio di 150 titoli ed è stato protagonista di vari film (Carmen, La Traviata, Otello): Domingo, leggenda del panorama operistico mondiale, ha dei “numeri” da brivido, compresi i capelli luminosi, gli occhi incantevoli e un modo di raccontare il suo lavoro e la sua vita seducente e divertente. E alla domanda di rito, “se e quando pensa di ritirarsi”, lui risponde che è ancora curioso e «desideroso di arricchire il mio “catalogo”. Vado avanti finché c’è la passione. E ancora c’è».

«Con grande gioia torno a cantare a Caracalla», aggiunge l’artista spagnolo, in jeans e scarpe da ginnastica, «ho sempre nel cuore la magia della notte dei Tre Tenori del 1990, insieme con José Carreras e a Luciano Pavarotti in occasione dei mondiali di calcio. Abbiamo trascorso tanti anni insieme e non è mai nato un problema. Anzi abbiamo fatto una vita divertentissima. L’idea nacque quando José Carreras riuscì a superare la malattia. Era il nostro bentornato. Si cantava in giro per il mondo. Lunghe partite a poker. E cene impegnative. Con Luciano si mangiava molto».

Se ha dato il meglio come tenore o come baritono, ancora non lo ha deciso: «Ho dato il meglio cantando». A Caracalla porta uno spettacolo fuori dagli schemi, pieno di vitalità «dedicato», dice, «a un genere legato alla tradizione popolare spagnola e latina a cui i miei genitori hanno dedicato con amore tutta la vita. Io sono nato a teatro e credo che la musica faccia bene all’anima». 

L’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma sarà diretta da Jordi Bernàcer; parteciperanno al concerto anche il soprano Ana Maria Martinez e il tenore Arturo Chacón Cruz. «Sarà per me bellissimo lavorare ancora con l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, teatro dove ho fatto alcune bellissime produzioni, come Sly, Fedora, Tosca dirigendo Luciano Pavarotti».

Plácido Domingo dopo la serata dei “Tre tenori”, è stato al Teatro Costanzi nel 1998 per cantare nel Parsifal (in forma di concerto con l’orchestra del Covent Garden); nel 1999 in Fedora e nel 2003 in Sly; nel 2000 nella veste di direttore d’orchestra per la Tosca del centenario e nel 2005 per l’Aida a Caracalla. E all’invito del sovrintendente Fuortes di tornare presto, Domingo ha risposto con entusiasmo: «Mi piacerebbe moltissimo».

A 50 anni dal debutto a Verona e a quasi 30 da Caracalla, Domingo non scivola mai nella nostalgia, anzi, è entusiasta di quanto l’opera sia diventata sempre più popolare: «Sono aumentati i teatri», conclude, «esistono sale ovunque nel mondo.
E sono frequentate da tantissimi giovani. Certo, bisogna stare un po’ attenti alle regie. Ce ne sono alcune, minimaliste, forse economiche, non so: scatoloni neri, che vanno bene anche per dieci titoli diversi». 
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