​Kevin Spacey a Roma a sorpresa torna a recitare: declama “Il pugile” a Palazzo Massimo

Kevin Spacey a Roma a sorpresa torna a recitare: declamare Il pugile a Palazzo Massimo
di Simona Orlando
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Venerdì 2 Agosto 2019, 19:14 - Ultimo aggiornamento: 20:19

Kevin Spacey ha sorpreso tutti, presentandosi oggi alle 18.30, senza essere annunciato, davanti alla scultura de Il Pugile in riposo a Palazzo Massimo, una delle sedi del Museo Nazionale Romano, per declamare “Il pugile” del poeta e scrittore italiano Gabriele Tinti. La statua e l’uomo. Un capolavoro del II-I secolo a.C. che ha sfidato il tempo e un fuoriclasse sessantenne messo all’angolo anzitempo, dopo le accuse di molestie sessuali, tutte da dimostrare, che lo hanno travolto nel 2017. Si è sempre dichiarato innocente e le accuse di aver aggredito sessualmente nel 2016 il barista diciottenne di un locale di Nantucket sono intanto cadute. La presunta vittima William Little ha ritirato tutto senza troppo spiegare.

Kevin Spacey, cadono le accuse di molestie e aggressione sessuale

Da due anni le uscite pubbliche di Spacey sono rare. E’ la prima volta che torna a recitare davanti alla platea. Un gruppetto di fortunati in cerchio ad ascoltarlo, fuori i visitatori stupiti. Passo sicuro, sorriso cortese, l’attore ha attraversato la piccola sala e gli sguardi a testa alta. Il senso della sua presenza sembra essere questo: tenere separati l’arte e la persona. Indurre a mollare gli ormeggi morali per abbandonarsi a venti minuti di straordinaria performance. Inevitabile però che arte e vita si sovrappongano. Era un adolescente inquieto appassionato di boxe e fu l’amico Val Kilmer a convincerlo a trasferirsi a New York per studiare recitazione. Ora, accanto al pugile bronzeo, c’è lui, in carne e ossa, rimasto in piedi nonostante i colpi ricevuti. Anche il pugile a riposo riemerse nel 1885 alle pendici del Quirinale, miracolosamente integro. E’ un gioco di specchi emerso già nel video natalizio del 2018 “Let me Be Frank”, Lasciatemi essere Franco, in cui la star hollywoodiana confondeva il Kevin messo alla gogna prima dei processi dal movimento #MeToo e il Frank protagonista di House Of Cards, bravissimo a rompere la quarta parete, imbrogliare finzione e realtà.
 

 


Lo stesso accade con questi versi, che volente o nolente verranno interpretati come il resoconto interiore della sua vicenda: «Più si è feriti e più si è grandi. E più si è vuoti. M’hanno usato per i loro divertimenti, nutrito di roba scadente. La vita se n’è andata in un momento. È sempre stato così: ho lottato, cercato un orlo, un’alba dove poter ricominciare. Ho passato un’infinità di notti senza dormire. Sono rimasto ore e ore a sudare per distruggere e cadere. Ho fatto di tutto per occupare ogni vuoto. Il sangue brillava nelle mie vene e io, in fondo, ho sempre voluto precipitare».

Li ha letti di fronte all’atleta che è rappresentato dopo un incontro devastante, affannato, con i segni vivi dell’ultimo combattimento: «Questi che vedi sono i miei guanti sacri alla vita, le mie ferite. Fermati un momento, appoggiaci la mano, guarda. Bisogna succhiare il cuore d’un eroe finché batte, lo dovresti sapere, Ho scosso il paese, scrollato le arene, fatto a pezzi gli avversari. Ho illuminato il buio, raccolto gli insulti, costretto gli applausi. Non tutti l’hanno saputo fare. Non te. Non voi. D’altronde la vita non è uno spavento per chi non l’ha mai rischiata. Chi mi puo capire? Con chi posso ancora parlare?». Incalza, attingendo all’esperienza di teatro shakesperiano: «Adesso sono stanco, sto diventando malinconico. E’ per questo che mi avete scavato la fossa. L’avete aperta lassù, lontano. Per nascondermi. Per non avere problemi e non dover vedere. Stolti! Non potevate immaginare che sarei resuscitato in questo vestito di metallo, che sarei tornato a fissarvi, con il mio volto sicuro, senza labbra». E’ lui ad interrogare il pubblico, “la cavea furiosa che si sgola: finiscilo!”. La sua faccia è una lavagna su cui può scrivere qualsiasi cosa: bene, male, innocenza colpevolezza. Un prestigiatore dell’ambiguità alla Keyser Söze. Poi però è anche l’incassatore che reagisce, esalta la capacità di sopportare e resistere: «Capisco che devo tener duro e andare avanti. Mi colpisce in faccia. Esonda in me, dolore puro, inarginato. Mi tocco, la piaga è aperta, sbotta sangue ma non è niente. Va tutto bene».
 


Il primo round in tribunale lo ha vinto lui. Nessuna molestia, solo un corteggiamento consensuale. Non è finita qui. Dovrà rispondere di altre accuse di uomini fra Stati Uniti e Regno Unito. La bravura non gli darà l'impunità, ma intanto il giudizio biblico del #MeToo ha cominciato a mostrare, insieme ai molti meriti, gli altrettanti limiti. L’attore non ha deciso di uscire allo scoperto perché le cose ora vanno meglio. L’evento era programmato da mesi, ben prima dell’esito giudiziario. Segno che aveva voglia di rimettersi in gioco. Chissà che non sia il preludio al ritorno sulle scene per il vincitore di due premi Oscar (I soliti sospetti e American Beauty), direttore del teatro londinese Old Vic, Golden Globe come miglior attore per il suo inarrivabile Frank nella serie di Netflix (che per sopravvivere pensò bene di ammazzarlo e fu un suicidio).

Il solito sospetto di abusi sessuali è stato subito recepito come certezza di reato e ha cancellato una carriera in un colpo di spugna. A Roma è atterrato mercoledì per riprendersi il ring. Riceve richieste da ogni angolo del pianeta, ci assicurano gli insider, eppure ha scelto di tornare nella città che dice di amare e dove aveva girato il film Tutti i soldi del mondo nel ruolo di Paul Getty, salvo poi essere epurato a riprese finite. Ha accettato l’invito del poeta Tinti, che è solito far leggere i suoi testi ad attori di rilievo (da Robert Davi a Joe Mantegna) di fronte alle opere dei musei (dal Metropolitan Museum di New York al British Museum di Londra).

Tinti ha spiegato così la collaborazione, nata senza sottotesti, per puro amore comune per l’arte e per la figura del pugile: «Ho contattato Kevin Spacey facendo parlare il mio lavoro, presentandogli il progetto. Ha subito apprezzato il coraggio e la particolarità della mia proposta. L’idea di dare voce alla statuaria antica, di donare nuova vita alle spoglie, ai frammenti, a quel che resta del nostro passato, ha incontrato la sua sensibilità e profonda passione per l’arte. La sua generosità e disponibilità nel voler far accadere la lettura ha reso tutto il resto semplice. Ha messo nella collaborazione una intensità di partecipazione da me inaspettata, a testimonianza del grande artista che è. Non c’è dubbio infatti che egli sia uno dei più grandi attori viventi. Per me è stato un onore abbia accettato di leggere i miei versi; essere riuscito ad affidarli proprio a lui e poterli così sentire risuonare nella sua voce è stato un privilegio».
 

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