Velista e imprenditrice, Cristiana Monina: la barca insegna a lavorare in squadra, si può adottare anche nelle aziende

Velista e imprenditrice, Cristiana Monina: la barca insegna a lavorare in squadra, si può adottare anche nelle aziende
di Rosalba Emiliozzi
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Lunedì 22 Luglio 2019, 13:12 - Ultimo aggiornamento: 13:39

Velista, campionessa, giornalista, skipper professionista, imprenditrice. Cristiana Monina, 49 anni, marchigiana da anni vive e lavora a Roma, è tutto questo e molto di più. La barca è la sua passione su tutto. Ed è convinta che applicare il metodo di lavoro a bordo a un team aziendale ne aumenti le performance. Rapidità, lavoro di gruppo e soddisfazione nel centrare un obiettivo. Ma anche “mea culpa” collegiale quando i risultati non arrivano o sono a metà. 

L’amore per il mare e la vela inizia a Civitanova Marche, sua città di origine. «Mio padre all'età di 9 anni mi iscrisse a un corso di vela per tenermi occupata tutto il giorno anche se io preferivo il pattinaggio e la ginnastica artistica. Costretta a frequentare la vela mi sono appassionata vedendo arrivare dalle regate i miei amici con le coppe e le medaglie».

Erano gli anni Novanta quando Cristiana Monina sfida gli stereotipi e si dedica a tempo pieno alla vela. Erano tempi duri per le donne a bordo. «A parità di bravura per noi donne è sempre stato difficile emergere perché siamo sempre state viste più deboli fisicamente. E per alcune discipline e ruoli è vero, ma non sempre. Personalmente devo dire che ho avuto la “fortuna” di navigare spesso con equipaggi di solo uomini, ma ci sono stati anche equipaggi che hanno scelto un uomo al mio posto e altri grandi professionisti, evito di fare nomi, che trovandomi a bordo  hanno avuto il coraggio di dare un ruolo a tutti tranne me perché "femmina"» .

Eppure ha continuato a veleggiare. Come è riuscita a imporsi come atleta professionista? «Con tanto allenamento, tanta umiltà, professionalità e serietà». E lì i suoi colleghi hanno iniziato a percepire che le sue capacità in barca e nella vela erano qualità oltre il genere. Cosa ha dovuto dimostrare per raggiungere questo risultato? «Agli altri nulla, ma a me stessa ho dovuto dimostrare di essere brava, sono dell'idea che prima di battere gli avversari dobbiamo battere noi stessi». Che è un po’ l’ostacolo più grande delle donne, che fa il paio con l’autostima. Specie quando la barca era precipita come qualcosa di maschile per eccellenza. «Negli ultimi anni questa credenza è cambiata, ci sono sempre più donne  a bordo. Noi donne abbiamo la grande capacità di acquietare gli animi, e quando abbiamo un nostro ruolo siamo dei treni e sempre super motivate. Certo se penso a quando sono in barca in crociera l'immagine che vedo quotidianamente nelle manovre è quella dell'uomo al timone e le donne a prua che devono manovrare l'ancora o il corpo morto. Poi ci chiediamo perché le mogli si disinamorano della barca». Appunto. E figuriamoci quando si parla di compensi professionali. Parità di genere significa oggi anche parità di ingaggi? «Assolutamente no, l'ingaggio se va bene è il 50 per cento in meno rispetto a quello di un uomo, anzi devo dire che mi ritengo tra le poche donne, per non dire unica, che è riuscita a mettere insieme equipaggi tutti al femminile con veliste professioniste e riconoscere allo stesso tempo la loro professionalità con un ingaggio economico».

Cristiana  Monina ha mille energie, mille idee. Non si ferma mai. «Mi pongo sempre nuovi obiettivi a medio e lungo termine, inspirandomi e prendendo come esempio persone conoscenti e non, che mi piacciono nei valori, pensieri e risultati, dialogo molto con me stessa e alla fine gli obiettivi che mi prefisso non tardano ad arrivare. Certo nel mezzo ci sono anche tante sconfitte e errori ma senza commetterli non riuscirei a crescere». Oggi l’ex campionessa ha una società specializzata di eventi nautici: sportivi e aziendali.  «Ideiamo, gestiamo e organizziamo attività di formazione, networking, incentivazione a bordo di barche a vela e operiamo in tutto il mediterraneo e non solo», dice al forum della comunicazione di Milano, un paio di mesi fa, ha spiegato come l’agire insieme dell’equipaggio in mare può essere esportato in azienda per migliorare le performance. «In barca siamo costretti a lavorare in squadra a capire l'importanza dei ruoli e della comunicazione, ci adattiamo facilmente al cambiamento. Tutti temi che si affrontano quotidianamente in azienda, la nostra mission è quella di far emergere in pochissimo tempo tutte queste dinamiche in modo che poi possano diventare dei punti di riflessione da condividere all'interno di qualsiasi organizzazione e migliorare i rapporti e di conseguenza le performance della nostra squadra-azienda». 

E c’è anche un passo successivo, il miglioramento del senso di equità tra i dipendenti e il loro senso di appartenenza a un team aziendale. «Per raggiungere questo risultato intanto dobbiamo imparare a conoscere le passioni delle persone e iniziare ad ascoltarle. Cosa ci tiene ingaggiati ad una azienda di sicuro è sentirci parte attività dei successi dell'azienda e quando capita anche degli insuccessi. Tutti noi ci sentiamo motivati quanto torniamo a casa e abbiamo appreso qualcosa di nuovo dalla giornata di lavoro, personalmente credo molto nella crescita sia essa tecnica sia mentale». 

Cristiana Monina spesso parla del nuovo umanesimo del marketing nella vela. Ma cos’è? «L'uomo è al di sopra di qualsiasi organizzazione, stiamo vivendo un momento di grandi cambiamenti e accelerazioni, molti hanno paura che l'intelligenza artificiale possa prendere il posto delle persone ma non ci è ancora chiaro che nessuna innovazione digitale può funzionare se dietro non c'è l'uomo. Pertanto dobbiamo uscire da questa paura del cambiamento e utilizzare la tecnologia a nostro vantaggio», conclude.

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