La bella Ussita devastata dal sisma rinasce come “porto di montagna”. L'impegno di Chiara&co: «Ecco la casa dove una volta si sciava»

La bella Ussita devastata dal sisma rinasce con il “porto di montagna”: una casa dove una volta si sciava
di Rosalba Emiliozzi
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Mercoledì 17 Luglio 2019, 12:37 - Ultimo aggiornamento: 18:13

Si scrive C.a.s.a , si legge "Cosa accade se abitiamo". Progetto visionario ma molto concreto di vicinanza e appoggio della popolazione terremotata di Ussita, piccolo centro di estrema bellezza in provincia di Macerata. Quando tutti se ne vanno perché il terremoto li ha buttati fuori dalla loro terra, altri lasciano il loro lavoro, vanno in aspettativa, dedicano tutto il loro tempo libero per impegnarsi in prima fila a ridare vita e luce al borgo nel Parco dei Monti Sibillini. «Affetto, ricordi d'infanzia, bellezza, questo ci ha spinti a fondare C.a.s.a.» dice Chiara Caporicci, leader delle nove del gruppo, coraggioso avamposto contro lo spopolamento da sisma. Chiara e Co provano a far rinascere di Ussita. 

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Ussita riparte da C.a.s.a. L'idea, come spiegano gli organizzatori, è quella di uno «spazio collettivo di incontro e confronto dopo i terremoti del 2016 e 2017» dopo che i nove si sono rivisti per caso tra Ussita, Visso e Castelsantangelo sul Nera, nelle ore drammatiche del sisma: chi portava aiuto, chi andava a vedere la sua vecchia casa, chi sentiva il richiamo delle passaggiate da bambino e voleva fare qualcosa. Questa energia, che è un po' fratellanza e un po' condivisione di sventure e disagi, viene “imprigionata” dal progetto C.a.s.a., «un porto di montagna» come lo chiamano loro. Un posto dove «potersi appoggiare per stare accanto ai cittadini di ogni età, ma anche a tutti coloro che hanno intenzione di contribuire alla ripresa di questi territori con le proprie competenze, professionalità o semplicemente con il loro amore. Abbiamo scelto la frazione di Frontignano, a 1.350 metri, dove c'era una bellissima stazione sciistica, perché c’erano ancora case agibili dove poter realizzare il progetto e perché volevamo abitare un posto a vocazione turistica, completamente mutato dopo il sisma e lo stop agli impianti» racconta Chiara. 

L'obiettivo del progetto lo spiega il nome. «Continuare ad abitare questi luoghi, non farli dimenticare e mantenere alta l’attenzione sul post sisma, difendere il territorio restando vicino a tutti coloro che qui vivono ogni giorno e poter contribuire in modo propositivo alla delicata fase di ricostruzione, principalmente dal punto di vista relazionale, culturale e immateriale. Proviamo a farlo con lo strumento delle residenze e dell’ospitalità finalizzate alla costruzione di progetti culturali e sociali e a un impegno attivo e quotidiano».

Il gruppo - quattro donne e cinque uomini - sta lavorando da un anno a «una Guida partecipata con la comunità di Ussita  - spiega Chiara - alle riunioni con gli ussitani si intrecciano residenze artistiche - l’ultima, quella di Wu Ming 2 - dove scrittori, illustratori, giornalisti, artisti sono ospiti da noi per un periodo e riescono così a vivere in prima persona il territorio e a conoscere la comunità, restituendo poi qualcosa per la Guida, un racconto, un’illustrazione. Ne uscirà una guida per viaggiatori che si muovono a piedi, che potranno così conoscere Ussita tramite le voci e i racconti di chi ha sempre vissuto qui. Il tema del camminare come fruizione lenta del territorio per noi è importante, facciamo parte anche della rete che ha sviluppato con il coordinamento di Movimento tellurico, Federtrek e Ape Roma il Cammino delle terre mutate da Fabriano all’Aquila, un’infrastruttura verde che passa anche da noi e che da quest’anno ha anche una guida a cura di Terre di Mezzo per percorrerlo in modo indipendente». 

Per la prima volta nei Sibillini, tra i comuni di Ussita e Fiastra, è arrivata una tappa del festival del turismo responsabile Itacà con passeggiate, incontri e proiezioni. «Questa estate riproponiamo il format nato lì, i “Passi narrati”: non solo escursioni ma anche racconti che si intrecciano con i luoghi che visitiamo, affinché non si perda il contatto con queste storie - dice ancora Chiara - Sempre quest’estate sono già iniziati tutti i martedì gli appuntamenti di Casetta Ruggeri Open Cinema (Croc), dove abbiamo allestito un cinema  all’aperto, che non c’è in zona, proiettando pellicole legate a stili di vita alternativi, avventure, montagna, ma anche film di grandi registi o di animazione per i più piccoli». Insieme alla popolazione è stata, poi, organizzata la Pasquella e il Piantamaggio, feste tradizioni legate all’identità di Ussita. «La primavera scorsa abbiamo ospitato anche il musicista Godblesscomputers con il progetto 10 Heartz e alcuni geologi che hanno lavorato per donare al comune di Castelsantangelo il progetto per la sistemazione del Centro faunistico danneggiato dal terremoto». 

E la ricostruzione? Cioè le case, le attività, i luoghi?  «La ricostruzione materiale viaggia su canali diversi, noi però possiamo occuparci, insieme alle comunità, di contribuire alla “messa in sicurezza” dei beni immateriali: le relazioni, le storie, le tradizioni. C’è un patrimonio culturale immenso che ha rischiato e tutt’ora rischia di perdersi nel giro di una generazione. Certamente restare qui, abitare la montagna, è un messaggio chiaro a chi si deve occupare di ricostruire i paesi: noi ci siamo, non ce ne andiamo e soprattutto ci interessa quello che succederà da qui a dieci anni. Rifiutiamo l’equazione per cui se siamo pochi dovremmo essere marginali e senza voce”.

Eccoli nove che si stanno occupando della bella Ussita: Fabio Bianchini Pepegna, 58 anni, montatore video, Chiara Caporicci, 36, project management ambito culturale, Augusto Ciuffetti, 55i, docente universitario  di Storia economica, Federica Nardi, 31, dottoranda di ricerca in Scienze sociali, Mauro Pennacchietti, 40, studente di Scienze gastronomiche e fotografo, Roberto Rettura, 45, fonico e imprenditore settore musicale, Christian Tedde, 38 anni, fabbro artigiano, Patrizia Vita, 50, tirocinante, Marta Zarelli, 44, responsabile incoming turistico. I ruoli, come spiegano loro, sono flessibili, in base ai progetti e alle competenze. «Più che altro abbiamo attitudini, c’è chi è più predisposto all’accoglienza, chi alla progettazione, chi all’analisi, chi ha competenze più tecniche. Ognuno è arrivato qui con un bagaglio di esperienze e competenze da condividere e con la voglia di mettersi in gioco non solo come singolo ma anche come gruppo e in comunità - spiega Chiara -  Prendiamo le decisioni insieme, anche se ognuno poi ha il suo modo e i suoi tempi per vivere il territorio. C’è chi è di Ussita, chi vive qui tutto l’anno, chi alcuni giorni, chi per periodi più o meno lunghi». 

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